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La Setta dei Guardoni Insonni

Racconto di Amanda Rosso


Ha i capelli blu.
Un po’ punk, un po’ grunge, un po’ new wave. Maglioni slabbrati e anfibi. Trucchi così vecchi che irritano gli occhi e collane vintage che sbatacchiano come gong taoisti.
E quest’orrida macchia di muffa non assomiglia per niente a un concerto reggae.
Magari due ore fa sì, con Rino Gaetano che se la gode a Katmandu sparato a mille dalle casse del pc di Tobia, una Nastro Azzurro in bilico sulla tastiera e la sigaretta mezza spenta nel posacenere.
Due ore fa ci muovevamo funambolici nella gimcana di piatti sporchi, cartoni della pizza, bottiglie vuote di vetro e mozziconi spenti a caso, spifferi di fumo contro il soffitto.
Potrei decidere di togliere i vestiti dalla valigia ai piedi del letto invece che pescare a caso sul fondo del trolley nemmeno fossi alla riffa di beneficenza della Tombolata di Capodanno.
O magari impilare un paio degli scatoloni di Lorenzo, che domani emigra in Germania e tanti cari saluti, laureato, lui, con i suoi maglioni con lo scollo a V e una specialistica in Ingegneria Informatica che quasi odora di contratto a tempo indeterminato. Quasi.
E però non posso mettere in ordine adesso. Cioè, Lorenzo mi scuoia, come minimo, se interrompo il suo prezioso riposo notturno.
Sa di gorgogliante ironia il mio inarrivabile talento nel trovare sempre una buona scusa per giustificare il fatto che non ho alcun talento.
Riesco a arrangiare una specie di spuntino delle tre con del latte scaldato sul fornello, un fondo di budino raschiato dalla pentola e un panino della mensa, ancora incartato, che era già un mattone ieri quando l’abbiamo arraffato.
E lei, quella dell’appartamento 21D, ha i capelli blu. Come le mie Pall Mall da dieci.
Nel momento in cui riesco a addentare il fondo del panino senza come minimo rimetterci un molare, lei ha i capelli blu. Forse non li aveva ieri, e non li avrà domani.
Una finestra illuminata, una parete arancione, una lampada coperta da uno straccio colorato, una stampa di qualcosa, si intravede appena.
Qualcuno che non dorme, penso io, dall’altra parte del cortile interno, e un sottofondo musicale più coraggioso del mio, che di solito combatto l’insonnia con Eddie Vedder negli auricolari, giusto per non svegliare nessuno. Uno stereo, un giradischi con il John Coltrane delle origini, di sua mamma, di una zia che da giovane vagava per la Bassa con il pollice sollevato dell’autostoppista consumata e uno zaino della Fila.
Reduce da uno di quei viaggi che la gente navigata si diverte a raccontare ai nipoti sfigati che inseguono la laurea come una Pietra Filosofale e consumano un Kerouac talmente vecchio da poter essere stato ricopiato a mano da un monaco amanuense conservato sotto sale.
Un’altra luce si accende, su un balcone grande un metro per uno e una ringhiera di metallo verniciato di verde elettrico.
Un ragazzo si affaccia, la brace della sigaretta che illumina a tratti il mento, la bocca e il naso.
Ha una felpa dei Ramones larga e slabbrata e un paio di ciabatte spaiate, una vaga fantasia natalizia sui calzini, un sacco di anelli.
La luce dei capelli blu si spegne. La mia Pall Mall sfrigola confortevole contro la fiamma dell’accendino, le finestre del mio pc si aprono lentamente, una cacofonia ortografica di social network di dubbia utilità e qualche blog decente.
Faccio un tiro, giusto per ricacciare indietro l’autoanalisi.
Un tiro alla volta, sono riuscito a aggirarla per un sacco di tempo.
Il tipo sta ancora fumando, calzini natalizi e felpa, e mi sembra quasi un cenno, il suo, la brace della sigaretta non light che proietta strani test di Rorchach stroboscopici sugli anelli.
Forse pensa che siamo una setta, noi insonni, alla Fight Club, solo che invece di sfigurarci e inneggiare al luddismo e al rigetto del consumismo, semplicemente non dormiamo.
Una setta di guardoni insonni con calzini improbabili e gusti vintage in fatto di musica.
Dorotea tintinna, di solito, quando si muove. Sono i ciondoli, gli orecchini, o le treccine nei capelli, non l’ho mai capito. Ma tintinna.
Il pacchetto di Pall Mall passa dalla mia mano alla sua con quei gesti automatici che rendono vivibile la giungla domestica della convivenza, con strategie di sopravvivenza fra coinquilini affinate negli anni. Come riuscire a giostrarsi in tre in bagno, trovare il tempo di dormire, quando si vive in quattro in pareti di cartapesta e a orari scombinati, Netflix, le sessioni notturne di studio “matto e disperatissimo”, la Redbull che fa schifo a chiunque ma si è ritagliata un posto d’onore nello scomparto in alto del frigo, sgomitando fra la Moretti e quel vinello in cartone comprato per festeggiare tutto e niente. Iniziare e smettere di fumare dodici volte in tre anni.
E la Dori ha quel modo così naif di psicoanalizzarmi, con una tazza di Caffè Malatesta e una Pall Mall smezzata alle tre di notte, che fa tremare i puristi dell’inconscio, Anna O., il Complesso di Edipo e la fase fallica.
“E ‘sta malinconia insonne del venerdì notte?”


Amanda Rosso
La notte è ancora quel momento dove si può dribblare furbescamente la vita adulta, cincischiare sui social network e mangiucchiare gli avanzi di cinque cene e due pranzi, riscaldando un po’ di latte e inzuppando pane raffermo. È il codice morse di volute di fumo e cenni appena intelligibili da una finestra aperta all’altra, inventando storie di vita e condividendo i segreti dell’insonnia cronica nell’iperattività dell’incertezza. La notte le vite degli altri ci appartengono forse più della nostra, e le prendiamo in prestito senza colpa né malizia, solo per tenerci compagnia.
Nata e cresciuta nel più piccolo paese del ponente ligure, Amanda Rosso ha conseguito una laurea in Comunicazione all’Università degli Studi di Pavia, la sonnolenta cittadina nebbiosa che ha ispirato questa storia, condividendo l’appartamento con i pittoreschi e indimenticabili personaggi che popolano questo racconto. Vive a Londra, sempre alla ricerca di nuove nostalgie e malinconie da raccontare.
Racconto rilasciato con Licenza Creative Commons per pubblicazione sul Portale ZEST
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La Setta dei Guardoni Insonni – Amanda Rosso

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