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lo-scuruLO SCURU | Orazio Labbate
Tunué Edizioni 2014

 

Razziddu Buscemi, avvocato in pensione, da pochi giorni vedovo, decide di raccontare la sua vita e lo fa dagli Stati Uniti, da una cittadina del West Virginia. Raziddu vuole spiegare perché si trova oltremare, fra praterie e stazioni di servizio sbiadite, con negli occhi lontani bagliori di Sicilia, la luce degli astri, la luce delle chiese, la luce del fuoco.
Razziddu è un bambino sacrilego, accidente nato fuori dalla legge inviolabile del matrimonio, vive insieme alla mamma e alla nonna, nucleo familiare marchiato dalla vergogna, dalla morte misteriosa in mare di Carmelo, il capofamiglia, sparizione che il piccolo Razziddu tenta di elaborare proponendo ed elaborando versioni magiche del reale… “i vecchi della piazza sparlavano che il Signore dei Puci avesse accattato la sua anima durante la dipartita, mentre Satana tentava di scippargli lo spirito per portarlo all’inferno.”
Nel teatro itinerante che si dipana fra vicoli e vallate scoscese vengono rappresentate le esequie intorno ai letti di casa, fra maldicenze postume e smorfie di circostanza, si raffigura l’iconografia potente del culto, tetra e opprimente, il seme della spiritualità storpiata personificato da nonna Concetta, tenutaria di esorcismi e traumi spostati, minaccia reale per il nipote. E fuori dal nucleo famigliare deviato, il paese asseconda la stortura, consuma l’ossigeno del libero arbitrio che prova a riassestare, a rendere comprensibile lo sciame folle dei pensieri che ronzano a mezz’aria.
Chiusi nel sarcofago del pregiudizio, trascorrono gli anni per Razziddu Buscemi e la ricerca dello snodo cruciale, dell’origine del tormento legato alla morte del padre, non si quieta, prosegue dentro la linea curva del tempo. Il ragazzo, rincorso da una sorta di dannazione, si rifugia in una vecchia casa di famiglia, diventa pescatore e di fronte al mare prova a inscenare il rituale contrario, la purificazione, la fine del sortilegio e delle sue prove documentali.
C’è la volontà di affrancarsi, di sciogliere l’abbraccio patologico, ma l’infezione è ben radicata nel corpo spinale della comunità, alimentata dai suoi diabolici untori e il male si cela per poi ricomparire come un’implacabile fioritura.
Servirà l’incontro salvifico con Rosa (carne soda, cremosa di violati incroci razziali: Cartagine, Siracusa, Atene dentro quella fierezza torturante...) e la complicità incendiaria di Zù Guglielmo, depositario della verità sulla morte di Carmelo, per sbaragliare il martirio congegnato dalla superstizione, per dare forma alla libertà che ha nel suo spartito la fuga, l’approdo in una terra generosa in cui “la notte mi parla con la lingua dei fantasmi e mi dice che sarò perdonato.”
“Lo Scuru” di Orazio Labbate è un romanzo denso di immagini, di colori saturi, erutta dettagli che vanno a illuminare abissi marini e terrestri, che evocano a cascata agganci impensabili, memorie sottopelle, Il cattivo tenente di Abel Ferrara, forse alcune ballate sepolcrali di Nick Cave, Mentre morivo di William Faulkner.
Le descrizioni dei luoghi, delle anime, è minuziosa, macrofotografica, si svela istante per istante, non vuole mancare a nessun appuntamento con il creato, con la sua multiforme discendenza. La fertilità mediterranea, l’esuberanza che emerge dalle pagine stordisce, reclama costanza e dolcezza, una lettura paziente che aspira all’intensità poetica.
E nell’incedere vorticoso e tarantolato si stagliano pennellate gergali che si rivelano decisive, che oltrepassano la cortina della comprensibilità per attivare correnti ad alta tensione, in grado di elettrificare il racconto e proiettarlo dentro una dimensione cosmica, atemporale. Il risultato è suggestivo, spiazzante, attraverso il particolare la vicenda ambisce all’universalità, come se il giovane scrittore siciliano, al suo romanzo di esordio per la casa editrice Tunué, scrivendo della Sicilia, del suo paese di origine, volesse evocare e far emergere il profondo che risiede silenzioso dentro ognuno di noi.

Paolo Risi


Nota biografica:
Orazio Labbate è nato a Mazzarino nel 1985 ma ha vissuto sin dall’infanzia a Butera; si è poi laureato in Giurisprudenza all’Università Bocconi.
Ha collaborato per Viaggi 24, rubrica de Il Sole 24 Ore. Collabora con le pagine culturali Domenica24 de Il Sole 24 Ore on line. Ha curato la rubrica ScifiLiterature per Nova24, Il Sole 24 Ore. Collabora con Il Mucchio Selvaggio. Consulente dell’editore LiberAria.
Scrive per le riviste online: “Il primo amore” ,“Repubblica nomade” e suoi lavori sono apparsi su “Nuovi Argomenti” e “Achab” e “Nazione Indiana”. Cura la rubrica Mostri notturni su Fuori Asse. Un racconto tradotto da Anne Milano Appel è stato pubblicato per le riviste americane: PEN/America e Guernica.
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Lo Scuru | Orazio Labbate

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