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Parole mute
Racconto di Nadia Gambis


Spalle basse e chiuse, mi viene incontro in corridoio, nella confusione dell’intervallo che si srotola fra merendine, bibite, musica alle orecchie, messaggi digitati tra le risate, baci furtivi. Sto per uscire, a casa mi aspetta una figlia con un’influenza testarda.
Professoressa, le posso parlare?
Dimmi.
Non qui, da qualche altra parte, da sole.
Un’invocazione impalpabile galleggia nei suoi occhi che stanno naufragando. Di un azzurro impossibile. Profondo e vasto come il mare di rabbia e dolore che ruggisce in silenzio dentro di lei. Che graffia il suo corpo e il suo cuore. Le onde la stanno spingendo contro un muro di sabbia che abbaglia e l’acceca.
Conosco da tempo il suo affanno, le braccia coperte da maniche tirate sulle dita, la furia con cui si strappa i biondi capelli per diventare più brutta, la brama con cui s’ingozza di cibo rigettato nell’ombra, gli appuntamenti rimandati, i pretesti impossibili, le feste deserte, la palestra ossessiva. La malinconica sorpresa con cui ascolta le allegre risate dei coetanei, alieni alla sua mancata gioventù. Una mente già adulta devastata dall’oscurità. Una voglia di vita che sprofonda composta nel vizio del nulla.
Ci appartiamo in un angolo del giardino, rifugio di docenti fumanti.
Professoressa, da domani smetto di venire a scuola. Non ho più voglia di studiare. Non mi interessano i libri. Mi annoiano. Voglio lavorare.
Secca. Brusca. È una sfida. È un grido muto d’aiuto. Dai, pensa veloce, prof., pensa, pensa, pensa, trova le parole giuste, prof., non puoi sbagliare. Non devi sbagliare. Lei aspetta da te una parola che sorregga il suo affanno. Una porta che si apra senza fare rumore. La tua alunna migliore, che legge libri sconosciuti, che conosce parole mai dette, che racconta storie come un antico profeta. Una mente che divora il sapere mentre divora anche il suo corpo. Pensa veloce, prof., non sbagliare.
A pensarci bene non hai tutti i torti sai in effetti di questi tempi a che serve un titolo di studio? (parlare più lentamente) E i libri che vi faccio leggere, piacciono poco anche a me, davvero. (usare argomenti più credibili) Ma stanno nel programma ministeriale, ve li devo far leggere per forza. Per una ragazza come te, poi. (dire parole più concrete) Sì, meglio andare a lavorare. Sicuro. Hai già un lavoro? No? Allora potresti fare così (non sbagliare prof.): tu cercalo dovunque (diventare sua complice) e finché non lo trovi, continua a venire a scuola, quando ti pare, eh, senza pensare all’obbligo di frequenza (non sbagliare non sbagliare prof.). Così, tanto per non restare a casa, ti annoieresti a guardare la televisione, no?, oppure a leggere tutto il giorno (restare sul suo terreno). Magari ti toccherebbero anche i lavori di casa o dovresti badare il fratellino appena nato! Sai che divertimento! (non sbagliare non sbagliare non sbagliare prof.) Puoi sempre smettere la scuola quando vuoi, no? Che ne dici?
Lo stupore le allarga la bocca e la fronte, si arrestano le parole ribelli già preparate. Mi scruta per scoprire l’inganno di parole inattese. La guardo indifferente, mentre l’accarezzo, l’abbraccio, la bacio in fondo al mio cuore in silenzio. Io sono qui, non ti lascio andare via. Continua a tagliarti la pelle e i capelli, a mangiare per vomitare, a urlare un dolore senza perché, ma non fuggire lontano, resta qui, parlami ancora, leggi, scrivi, stringi le parole dei libri. Sono la vita per te, in attesa della vita di domani.
Si apre l’azzurro degli occhi. Risplende per un attimo condiviso.
Grazie, professoressa, ci penserò. A domani.


Nadia Gambis
Sono nata a Livorno e abito da sempre qui: non potrei vivere senza il respiro del mare. Ho frequentato l’università di Pisa, laurea in Lettere, indirizzo classico. Con il lavoro di tesi sul teatro plautino ho vinto un assegno ministeriale quadriennale presso il Dipartimento di Filologia Latina di Pisa. Mi sono poi dedicata all’insegnamento di materie letterarie nelle scuole superiori della mia città. Durante l’inverno, tengo seminari di latino e lezioni di letteratura italiana presso l’UNITRE cittadina. Attualmente, faccio parte della giuria del concorso nazionale di prosa e poesia Scarabeus. Sono coautrice di due corsi di grammatica, lingua e cultura latina per il biennio dei Licei, Proxime, Trevisini Editore, 2010; Agenda Latina, Bompiani, 2013 e 2014, e di una silloge poetica, Fiore di donna, Editrice Nuova Fortezza, 1989. Da qualche anno mi interesso della struttura e composizione di racconti brevi. Il mio sogno? Scrivere un racconto in latino!

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