LA TRAMA DELL’INVISIBILE – Sulle tracce di Antonio Tabucchi |
Maria Cristina Mannocchi
Ensemble Edizioni 2016
di Paolo Risi
C’è bisogno di momenti irripetibili, generativi, si sente forte questo richiamo leggendo LA TRAMA DELL’INVISIBILE, libro che accoglie riflessioni e resoconti di viaggio intorno all’arcipelago Antonio Tabucchi. Le pagine dense, appassionate, suscitano il desiderio di esplorare, di convincersi che ancora c’è del buono da accogliere, del bello da contemplare in un mondo deteriorato dalla pochezza, in un paese incapace di mettere con le spalle al muro la volgarità. Ma ci sono persone come Maria Cristina Mannocchi che ci ricordano che esiste dell’altro, vie meno battute da percorrere, che si può giungere, attraverso la letteratura, alla promozione di valori universalmente riconosciuti, al “momento irripetibile”.
Una gita scolastica, organizzata dalla stessa autrice insieme ad altre insegnanti di un liceo romano, incrocia un tratto di vita, nel marzo del 2010, dello scrittore Antonio Tabucchi (1943-2012). Uno scambio di mail, un dialogo telefonico che non riesce a mascherare lo stupore della professoressa, stabiliscono un contatto fra il liceo Pasteur e il grande scrittore. Naturalmente il luogo prescelto per l’incontro è Lisbona, città in cui l’autore di “Sostiene Pereira” risiedeva e che approcciò nel 1965, quando vi giunse grazie ad una borsa di studio e alla passione per lo scrittore e poeta Fernando Pessoa.
Al decimo piano dell’albergo che ospita ragazzi e professori, nella sala conferenze, con un po’ di emozione da stemperare, inizia la chiacchierata con Antonio Tabucchi, navigazione in mare aperto che assembla ricordi e pensieri, riflessioni, la curiosità non ossequiosa degli studenti. È solo l’inizio di un cammino, il nucleo da cui scaturisce LA TRAMA DELL’INVISIBILE, perché dalle connessioni generate dalla “lezione” portoghese, nasce la voglia di approfondire e di dar vita ad una biografia sentimentale, che è anche un po’ guida alla lettura e taccuino di viaggio.
L’umanità di Tabucchi, la sua quieta determinazione, portano in una periferia abbandonata e fangosa alle porte di Firenze. Lo scrittore inizia a interessarsi ad una famiglia Rom, offrendogli la propria amicizia e un aiuto economico. Una sensibilità che comprende anche la voglia di conoscere la cultura dei popoli nomadi, il cercare di capirne la natura calata nel tempo presente. Lo scrittore contatta don Alessandro Santoro, un prete di strada, che nel quartiere fiorentino Le Piagge fin dagli anni ’90 manda avanti una comunità attiva sul fronte del disagio sociale. Fra i due nasce un rapporto di collaborazione che si muove su un doppio binario, da un lato adoperarsi per risolvere le emergenze che si vengono a creare nel campo nomadi, dall’altro lavorare dal punto di vista politico per migliorare le condizioni di vita di una minoranza da sempre collocata ai margini. Dall’impegno concreto di Tabucchi, dalla sua autorevolezza, dalla sua sensibilità, nasceranno tra le altre cose il pamphlet “Gli Zingari e il Rinascimento” e il film “Rom tour” diretto da Silvio Soldini.
Il ruolino di marcia, il perdersi “controllato” della biografa, indica le isole greche dove Tabucchi scrisse bellissimi racconti, le Azzorre sospese nell’oceano, tratteggiate nel romanzo “Donna di Porto Pim”, Parigi (“un’intermittenza del cuore continua”), altra città prescelta dallo scrittore, che nel 1964 per la prima volta abbracciò boulevards e riflessi sulla Senna, lui ancora indeciso su quali studi universitari intraprendere. Nella capitale francese (che attualmente ospita, nella Biblioteca Nazionale, l’archivio dei suoi scritti inediti) frequentò l’università della Sorbonne come auditeur libre, almeno così racconterà a suo padre e ai suoi amici di Vecchiano, e si mantenne facendo il lavapiatti nel quartiere universitario. Maria Cristina Mannocchi segue idealmente le tracce parigine di Tabucchi in quel triangolo geografico che va dal Quartiere Latino a Saint Germain fino a Montparnasse, entrando e uscendo da accadimenti biografici, ricordando il grande amore del letterato per il cinema, per Fellini e “La dolce vita”. Parigi fu anche teatro dell’evento decisivo, la scoperta dell’opuscolo Bureau de Tabac di Fernando Pessoa su una bancarella nei pressi della Gare de Lyone, rivelazione letteraria che significò Portogallo, futura patria di adozione.
Il reticolo di strade e di relazioni che si dipana nel libro di Maria Cristina Mannocchi accompagna la vocazione di Tabucchi nel decodificare le dinamiche di una contemporaneità sgradevole, la superficialità come logica conseguenza di un processo di sviamento delle coscienze. Non solo letteratura quindi, spostarsi alla ricerca dei miti, delle proprie radici culturali, ma anche analisi e disillusione, constatazione della mancanza di onestà, forse il cruccio più grande di un intellettuale esule per scelta propria: “Cosi ogni volta che l’Italia lo deluderà, che l’odor di corruzione e malaffare diverrà insopportabile, che l’indignazione sarà colma, che sarà profeta inascoltato del male incombente, che la rabbia prenderà il sopravvento, che gli intellettuali imbelli come il Marcello de “La dolce vita” si moltiplicheranno e la faranno da padroni, (“Fellini aveva già intuito tutto” dirà poi), ci sarà un’altra città pronta ad accoglierlo, Parigi, Lisbona e tanti viaggi”.