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LA STANZA PROFONDA – Vanni Santoni
Laterza 2017 – Collana i Robinson / Letture
Serie Solaris

di Paolo Risi

Tracciare una storia del medium è impresa complessa nella quale un solo passaggio appare facile: essa comincia in quel momento del 1974 in cui Dave Arneson e Gary Gygax, in un garage di Lake Geneva, Wisconsin, inventano il Dungeons & Dragons.

Ne La stanza profonda Vanni Santoni descrive, come già avvenuto in Muro di casse  (in quel caso ad essere toccata era l’epopea rave), un ambito ascrivibile a una subcultura non ufficiale, nello specifico i contenuti tecnici e relazionali dei giochi di ruolo.

In entrambi i casi, con le sotterranee differenze dei fenomeni trattati, la lettura potrebbe porre l’impressione di trovarsi di fronte a pagine di gusto settoriale. Ma se permane quest’aspetto di straniamento, va fortemente sottolineata la generosità, il piglio con cui Santoni ammorbidisce il tema centrale della narrazione, calibrandolo e riconducendolo ad una possibilità esperienziale che chiede soltanto di essere osservata e ripensata, magari abbandonando temporaneamente categorizzazioni e calcificazioni di pensiero. Del resto lo scrittore non ci abbandona, in un certo senso ci accarezza raccontandoci di un gruppuscolo di “sciamannati”, segregati un giorno alla settimana in una cantina (che di suo vanta una storia leggendaria) per divenire parte di una trasmigrazione dalla quotidianità (provincia toscana sempre più conforme) al palcoscenico virtuale (così almeno pare) dei giochi di ruolo.

… ogni martedì, non importa cosa accadesse a ciascuno fuori, e del resto cosa accadesse non lo sapete; giocate, e anche tutto il resto si irradia di senso, anche il paese e la valle sembrano vivi.

E tutto il mondo fuori verrebbe da dire, come del resto continua a ripetere il noto cantautore, ma se dentro a quel quadretto si conclamava il cruccio adolescenziale, nella stanza profonda, fra mappe, schede dei personaggi, matite (ognuna di esse ha realmente un’anima) confezioni di birra, vassoi di crostini e sigarette, viene considerata plausibile un’ipotesi aggregativa diseguale, dove gli stati di assuefazione e di svilimento delle coscienze deflagrano contro la purezza del singolo, il quale attacca, ferisce, conquista e muore in una cornice di schiettezza (le prese in giro, il reclutamento di nuovi adepti, il divano da evitare perché ricettacolo di ragni, la verità di ognuno liberata dall’azione, da mosse e contromosse… vita vera insomma)

Il master, forse definibile come il garante del gioco, l’iniziatore di ambientazioni e vicende epiche, è colui che si prende la briga di testimoniare quanto avvenuto nel “tempio” ipogeo, dove lanciano i loro dadi Silli, Paride, Leia, Tiziano, Il Bollo e molti altri, ma è anche il “padre spirituale” che accompagna il lettore de La stanza profonda nel labirinto di una disciplina gagliarda, mai del tutto controllabile, è la guida che ci spiega come il prestigio ottenuto (di assurgere appunto al ruolo di master) è a prezzo di sotterfugi, di tattiche relazionali, esperite fin da quando, più o meno a partire dalle scuole medie, si avverte nei corridoi, nei cortili spartani, l’avversione condivisa per la diversità, quella che scantona, fra le altre cose, dalla competizione sportiva e ormonale. Resta per anni in una sorta di autoibernazione il protagonista narrante, attende la comparsa di possibili compagni di avventura da radunare attorno ad un tavolo e nel frattempo accumula manuali e competenze specifiche. L’avvio del percorso universitario produrrà finalmente il riconoscimento reciproco, l’incrocio di sguardi fra soggetti che coltivano la stessa passione; di lì a poco fermenterà il gruppo storico di giocatori che ininterrottamente, per venti anni, ogni martedì sera, seguirà “la linea magnetica che li collega alla profondità della stanza”.

Non inganni la reclusione fisica come presupposto del cimento creativo. Il mondo sta fuori, indubbiamente, farcito di incomprensioni e batoste, ma quanto avviene nella cantina è infinitamente distante da una costruzione solipsistica. C’è un’identità solida, forse un certo settarismo da brigata, ma esiste soprattutto l’esercizio delle facoltà più sorprendenti dell’animo umano, rivelazioni e cognizioni che non considerano gli impedimenti familiari, sociali e architettonici e che, dalla collina toscana o da qualunque altro posto della terra esse originino, esprimono la forza necessaria per guadagnare la superficie e sbocciare, esporsi e figliare. Quindi stanza profonda non come ritrovarsi autoreferenziale, ma come luogo raccolto, ordinato da regole e disadorno (finalmente), positivo perché generatore di buone intenzioni e oltre.

Il senso trascendente del gioco di ruolo risiede inoltre nella sua gratuità (concetto oggi sempre più camuffato e disperso), nell’essere controcultura perché – come ben sottolinea Santoni – in una società che premia solo la competitività mostra che ci si può divertire, anzi avere un’esperienza esaltante, attraverso la cooperazione, senza pagare nessuno e senza sottoporsi a nessuna autorità se non a quella di regole scelte assieme.

Con questo romanzo la casa editrice Laterza concorre per la prima volta al Premio Strega.

Puoi leggere un estratto del libro qui 


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La stanza profonda – Vanni Santoni

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