di Paolo Risi
Tunué pubblica “Ricrescite” di Sergio Nelli (lleggi un estratto QUI) a più di vent’anni dalla sua prima uscita per Bollati Boringhieri. È un’opera ritenuta da molti seminale, capace di coagulare generi e ispirazioni affidandosi alla levità di una voce sapiente, che non teme di sferzare e commuovere.
Scrive Antonio Moresco nella prefazione all’edizione Tunué: «La prima volta che l’avevo letto mi avevano colpito la sua particolare, sotterranea atmosfera, la sua eccentricità, il suo passo a volte grave a volte scherzoso, la sua disperata grazia, il suo essere sempre in bilico tra narrazione e pensiero, autobiografia intima e sguardo allargato sul mondo, spunti lirici e riflessivi, illuminazioni e affondi.»
Ricrescite è un diario scritto nell’arco di un anno. In esso si susseguono momenti di vita di un uomo non più giovane, scorci che raccontano le sue esperienze di lavoro, che cercano di sigillare il presente, il rapporto con suo figlio Federico, un bimbo piccolo, e che provano ad allargare il limite poetico della realtà, degli oggetti, del disincanto quotidiano.
«Da grande guido un autobus doppio, con questa musica» dice Federico. La musica è quella degli U2. Siamo in macchina, la strada è la Firenze-Pisa-Livorno, Milvia è al volante, la cassetta è Achtung baby, la canzone Love is blindness, il pomeriggio è limpido. Verso la città un’enorme nuvola si innalza da terra e si allarga come un fungo, eccelsa nella chioma bianca e ombreggiata nel tronco. In realtà, di nubi così ce n’è più di una.
Ribadire bellezza e bruttezza, farne polpa di vita e stupore. Con la giustizia e l’ingiustizia Nelli fa la stessa cosa e anche l’approccio alla malattia prevede l’apertura di spazi di osservazione, la riflessione pacata, equanime, sugli stati di crisi e gli approdi possibili. Il protagonista del romanzo svolge delle interviste a degli alcolisti in cura, e il metodo di lavoro adottato, lo stile con cui si avvicina a queste persone, attinge a un’esigenza di imparzialità, si nutre di un’accettazione quieta. L’arte dello scrittore prevede la rilettura di appunti, l’emersione di racconti, sogni, e liriche dal passato, in una revisione appassionata del proprio Io, che un po’ fortifica, un po’ lascia sgomenti. Nel mosaico dell’opera vengono inseriti anche i vulcani, i pianeti, la descrizione delle loro particolarità. Queste parentesi fatte di dati e ragguagli sembrano, nella visione complessiva dell’opera, voler temperare e regolare l’ignoto, il potenziale esplosivo della natura e del tempo. Attrae questo alternarsi di elementi inconfutabili e poesia di recupero, di dialoghi surreali, cronaca locale e aneddoti famigliari. Sembra non esserci armonia più azzeccata, contrappunto più sorprendente e il libro procede come una ballata popolare, che scava inesorabile, una strofa allegra, la successiva tetra.
Ricrescite è un libro che corrobora, anche se forse non è nato per essere così. Anche incoraggia, perché evidenzia i frutti del lavoro, di una riflessione autonoma sui casi della vita. Sergio Nelli valuta il presente con sguardo fermo, a volte giocando con i suoi feticci, a volte cercando conferme nel passato, che fatica a manifestarsi e a fare da guida. Il piccolo Federico fa da antenna in questo presente a tinta unita, vischioso, il figlio agisce da informatore e il padre lo ascolta, ne stempera le turbolenze e ne santifica lo sguardo aperto, ancora indagatore sul mondo. Si insinua nel lettore l’idea che ogni bambino potrebbe scrivere il romanzo più bello e innovativo della storia della letteratura, pensando alle costruzioni mirabolanti del pensiero infantile, alle fiammate di passione e collera di Federico, che insulta e accarezza con la medesima intensità.
Federico ha cambiato schema: non dice più, per esempio, sono Jack (Jack Skeleton, il re di Halloween) e sono il lupo, o sono Simba e Simon, oppure Peter Pan e il coccodrillo ecc. ecc.
Ora si moltiplica.
Mentre siamo a letto e Milvia gli legge un libro sulle scimmie.
F. Io sono mezzo nasica, mezzo gibbone, mezzo gorilla,
mezzo scimpanzé e mezzo mandrillo. E tu mamma?
M. Io sono… sono… un gibbone.
F. No, no. L’ho già scelto io.
M. Hai scelto quasi tutto.
F. Chi sei? (urla).
M. Un orango.
F. E tu babbo?
Io Un babbuino.
Il diario ha qualcosa in comune con un nespolo, tagliato ancora sano, che ricresce e ributta, e anche Federico cresce, io ricresco, scrive Sergio Nelli, e Ricrescite pare dentro la circolarità delle stagioni, le abita con un’intensità in alcuni momenti prodigiosa. Se mettersi a nudo significa qualcosa questa è la modalità adottata da Sergio Nelli nell’assemblare le sue belle pagine.
E così Moresco conclude la sua prefazione: «Mi fermo qui perché un libro magico come questo, a parlarne troppo, a starci troppo addosso, lo si soffoca.»
Intervista a Vanni Santoni
Questo libro fa parte delle operazione di “recupero letterario” della casa editrice Tunué. A tal riguardo, Vanni Santoni direttore della collana “Romanzi” ha risposto ad un paio di domande:
La riedizione di opere meritevoli che troppo presto sono uscite dal radar della platea di lettori sollecitati da molta informazione letteraria, ci offre due riflessioni: oggi si pubblica troppo alimentando la riduzione del ciclo di vita di un libro? il lettore è poco attento e dimentica?
Le responsabilità sono esclusivamente editoriali, anzi distributive. Il lettore non ha alcuna colpa, anzi a volte cerca di metterci una pezza come può. È una situazione che conosco anche direttamente: un mio libro, Gli interessi in comune, uscito nel 2008, è stato per anni fuori catalogo: i lettori hanno fatto appelli social, raccolte di firme, addirittura dei samizdat, edizioni autoprodotte del volume, ma senza esito. Non era colpa loro se l’editore non lo ristampava, e del resto se spesso gli editori mettono fuori catalogo troppo presto libri che poi troverebbero molti più lettori è a causa del vortice del meccanismo della distribuzione, che è sempre assetato di novità e impone un turnover spietato, quasi sempre troppo frettoloso. I lettori sono anche troppo attenti, ma alla fine poi possono comprare ciò che trovano in libreria. A questo ovviamente si aggiunge il fatto che nel ripubblicare un grande libro, come Ricrescite, uscito quindici anni fa, l’obiettivo è anche trovare nuovi lettori, come chi era troppo giovane al momento dell’uscita.
Il ruolo delle case editrici? perché una operazione di recupero oggi ha senso? quali sono i criteri per la scelta?
I recuperi hanno senso per le ragioni succitate, e anche per ragioni di accessibilità del canone contemporaneo: basti pensare a libri tra i migliori dello scorso decennio come Last love parade di Marco Mancassola o Ultimo parallelo di Filippo Tuena che, fino ai recuperi del Saggiatore, non erano disponibili. Dato che Tunué non ha, o non ha ancora, una collana di classici, il criterio principale è quello di riproporre grandi libri dimenticati usciti approssimativamente negli ultimi vent’anni, ogni volta con una prefazione d’autore – nel caso di Ricrescite l’ha firmata Antonio Moresco – e dotati di caratteristiche che li facciano risuonare col catalogo: il romanzo di Sergio Nelli, al di là della grande prosa, che per me è sempre il parametro principe, anticipava gli “ibridi” contemporanei e ha un parente abbastanza stretto nella Stanza di Therese di Francesco D’Isa, col quale ha in comune una mistura emotivamente carica di memoir, romanzo e saggio, debitrice dell’Uomo nell’olocene di Max Frisch.