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Progetto di traduzione ecoletteraria organizzato da ZEST Letteratura sostenibile, in collaborazione con il Colby College, [studenti del corso di Italiano condotto dalla prof.ssa Danila Cannamela in relazione all’Italian Program del Center for the Arts and Humanities] e la Scuola di Mediazione Linguistica di Vicenza [studenti del Master in traduzione editoriale e della laurea triennale in Traduzione e mediazione linguistica].


Saggio originale: Embracing the Symbiocene by Isabella Synnestvedt (Colby College)

Accogliere il Simbiocene di Isabella Synnestved
Traduzione verso l’italiano a cura di Elisa Criveller (SSML)


Originale e traduzione coperte da diritti da autore, riproduzione non consentita.


I popoli indigeni vivono da migliaia di anni in sintonia con il mondo naturale; è solo la nostra società moderna che preferisce esercitare un dominio sull’ambiente. Antonia Santopietro è una poetessa italiana nata in Piemonte, ha fondato ZEST Letteratura sostenibile e la rivista Tellūs, incentrata sull’ecologia e sulle environmental humanities. Nella sua poesia Santopietro esamina la disarmonia e il disallineamento che caratterizzano il rapporto uomo-ambiente nell’attuale era geologica, chiamata comunemente Antropocene.

Nel poema Grammatica sterile dell’Antropocene Santopietro (contenuto in Sintesi dalle radici, Ensemble 2022) scandaglia i limiti dell’Antropocene e sottolinea la necessità che gli esseri umani accolgano le idee del Simbiocene per ricostruire la nostra relazione con l’ambiente. Glenn Albrecht, ambientalista e filosofo australiano, definisce il concetto di Simbiocene nel suo saggio Uscire dall’Antropocene ed Entrare nel Simbiocene. Secondo Albrecht l’uso della parola Antropocene intrappola l’umanità in un ciclo di distruzione dell’ambiente. Egli, invece, sostiene l’utilizzo di un termine diverso: Simbiocene. Il Simbiocene è “contraddistinto da una intelligenza umana, che imita le forme di riproduzione della vita che si rafforzano simbioticamente, e dei processi presenti negli ecosistemi” (Albrecht 14).

Simbiocene deriva dal greco “symbiosis”, che significa “vita vissuta insieme”. La parola stessa simbiosi richiama anche l’ «interconnessione vitale di tutti gli esseri viventi», che darà agli uomini un modello al quale tendere (Albrecht 13). Anche se Albrecht non fa riferimento al fatto che questa relazione simbiotica tra uomo e natura è stata praticata per secoli dalle popolazioni indigene, le sue idee ci ricordano che dobbiamo riscoprire tale sintonia in tutti gli ambiti della società moderna. In modo analogo, Santopietro ne Grammatica sterile dell’Antropocene affida alla struttura mutevole e sorprendente del poema la descrizione dell’attuale rapporto disarmonico tra uomo e natura, e critica i comportamenti umani nell’Antropocene attraverso un linguaggio figurativo.

Grammatica sterile dell’Antropocene, pur essendo corretto dal punto di vista grammaticale, manca di coerenza tra i versi apparendo disarticolato, in correlazione con il rapporto contraddittorio che gli uomini di oggi intrattengono con l’Antropocene. Un aspetto della struttura del poema che evidenzia questa discordanza è la mancanza di uniformità nel numero di versi in ogni stanza e la lunghezza variabile di questi: sembra infatti che non ci sia un modello per entrambi. L’unico elemento costante è la ripetizione di una frase, allineata a destra, «il mare non può contenere», che è anche il primo verso del poema. Insieme al secondo verso, «ferite intime», questa frase allude all’idea che la terra non possa cancellare gli errori che gli esseri umani hanno commesso tradendo il pianeta, proprio come il mare non può coprire le ferite profonde che abbiamo lasciato nel mondo. È dunque nostro compito, in quanto esseri umani, riparare il male che abbiamo inferto alla terra. La ripetizione del verso «il mare non può contenere» intende ricordare al lettore, nel corso del poema, il ruolo che gli uomini devono acquisire nel processo di uscita dall’Antropocene, verso un mondo più simbiotico che possa contenere armonicamente identità umane e non-umane. La posizione casuale di questo refrain che ricorre attraverso tutto il poema mantiene viva l’idea della necessità impellente di cambiamento.

In generale, le idee presenti nel poema non creano un flusso tale da portare a una comprensione più ampia. Ci sono varie sezioni in cui la poetessa riflette nell’arco di molti versi su concetti debolmente connessi fra loro, prima di passare, subito dopo, ad un argomento completamente diverso. Per esempio, nella prima stanza intera Santopietro scrive, «ho letto del mare dei laghi. / I ghiacci si sciolgono/ le poesie piantate nell’arena». Mentre i primi due versi sono legati fra loro dall’idea dell’acqua e dell’impatto della crisi climatica sul livello del mare e sulle calotte polari, non sembra di poter ravvisare nel terzo verso dei collegamenti facilmente riconoscibili con i due precedenti. Un altro punto in cui Santopietro mostra la disconnessione fra uomo e l’ambiente è la seconda stanza, dove si legge:

Oggi metto in fila i pensieri
ricerca in atto: scrittori americani di inizio secolo.
cosa trovare? Luogo devastato
le catene della memoria

Pur avendo senso, questi versi non ricalcano perfettamente né ciò che viene detto prima, nella stessa stanza, sull’acqua e sul corpo, né il messaggio sviluppato nei versi successivi, lasciando il lettore confuso e rivelando la disconnessione che informa il poema. Uno degli strumenti con cui Santopietro crea questo disorientamento è l’uso di parole simili nei versi. Ne è un esempio nel testo italiano il modo in cui la parola “il fato” (ingl. “fate”) si ripete in due versi, diventando nel verso seguente “le fate” (ingl. “fairies”). Nella traduzione inglese, la connessione tra le parole “fate” e “fairies” è meno chiara, anche se entrambe iniziano con la stessa lettera. Lentamente, attraverso giochi di parole di questo tipo, Santopietro sposta l’attenzione del lettore su idee completamente differenti da quelle iniziali, nell’arco di pochi versi.

Anche se leggere il poema di Santopietro può essere un’esperienza straniante perché la poesia non fluisce, il lettore riesce a percepirne chiaramente il messaggio sui limiti del genere umano nel suo rapporto con l’ambiente e la sostenibilità. Nella seconda stanza, Santopietro scrive «il fiume è pieno/ l’urgenza non esiste»: è questo un riferimento all’idea che, se le questioni poste dalla crisi climatica non sono visibili, allora diventano più facili da ignorare. Poiché il fiume è pieno come dovrebbe essere, allora non si pone la necessità di rimediare la situazione con urgenza. Questa prospettiva è spesso adottata dagli individui nell’Antropocene, perché è più facile pretendere che non ci sia nulla di sbagliato piuttosto che affrontare la gravità delle conseguenze delle nostre azioni. Lo studioso Rob Nixon, professore di inglese a Princeton, descrive questa “violenza lenta”, che viene spesso elusa, nel suo libro Slow Violence and the Environmentalism of the Poor. Nixon spiega che questa è «una violenza perpetrata gradualmente e in modo impercettibile, una violenza che procrastina la distruzione sia nel tempo che nello spazio, una violenza logorante che in genere non è affatto considerata come una violenza» (Nixon 2). Molte delle catastrofi naturali che accadono per effetto del cambiamento climatico avvengono proprio in questo modo, realizzandosi cioè nel lungo periodo piuttosto che in un singolo momento. Nixon aggiunge che queste «morti prolungate» sono «sottorappresentate tanto nella pianificazione strategica quanto nella memoria umana», mostrando quanto spesso ignoriamo l’esistenza di questi problemi (Nixon 2-3).

Dopo quel verso, Santopietro scrive «sparizione del solo corpo possibile». Ritengo che qui la parola “corpo” sia da leggere come una descrizione della Terra, poiché questo è l’unico pianeta-casa possibile che gli uomini abbiano mai conosciuto. L’uso della parola “sparizione” sottolinea come, se non cambiamo le nostre abitudini, il pianeta-casa sparirà, almeno nella sua capacità di ospitare la specie umana. In questo passo Santopietro si rifà all’idea che la Terra sia il nostro corpo esteso, un’idea esplorata anche dalla poetessa Helen Moore nel corso di un laboratorio di scrittura che si è tenuto presso il Colby College.

In questa prospettiva, la nostra umanità è pienamente intrecciata con il mondo naturale, tanto da incoraggiare una relazione più mutualistica con la terra. Inoltre, a metà della seconda stanza si legge:

le catene della memoria
le lapidi sorrette dalle
Erinni guerriere
è angoscia

Le guerriere Erinni, chiamate anche Furie (“Furies”) in inglese, sono divinità greche preposte alla punizione di uomini che avevano commesso crimini contro gli dèi e l’ordine naturale del mondo. L’inserimento delle guerriere Erinni in questa stanza è un’esortazione affinché il genere umano riconosca il continuo spregio della madre natura, e paragona questo comportamento a un crimine punibile dalle Furie. Se non consideriamo la necessità di interrompere questo modo di agire, la specie umana pagherà le conseguenze delle proprie azioni con la morte. Il verso finale di questa stanza, «il fiume è violento», è una variazione del primo verso che dice «il fiume è pieno», laddove il mutamento della condizione del fiume indica un passaggio di consapevolezza degli individui e la loro volontà di creare un cambiamento. Contrariamente al concetto della mancanza di un’urgenza, ora Santopietro riconosce che la specie umana sta iniziando ad acquisire consapevolezza dei propri errori e auspica che comincerà a cambiare.

Nel corso del poema, Santopietro mostra i fallimenti dell’Antropocene attraverso descrizioni di guerra, aspetti della tecnologia e sofferenze. Alla fine della seconda strofa, scrive:

tensione e ricordi
filo spinato
macchine a vapore
turgidi livori
grezzi

L’associazione della tensione con il filo spinato rinvia all’abitudine degli uomini di punire i propri simili per il solo fatto di esistere, una tragedia che si ripete in modo ciclico e che è estranea al modo in cui ogni uomo è considerato in natura: come uguale. L’inserimento delle macchine a vapore approfondisce poi il tema degli ambiti della vita umana che hanno danneggiato l’ambiente, perché le macchine a vapore e la rivoluzione industriale– che indicano l’avvento della società moderna nel suo insieme– hanno contribuito in modo massiccio al cambiamento climatico.

Nella terza stanza, Santopietro continua:

Eventi narrati: si producono sigarette
il cartello narco
mozzano dalla testa
mozziconi mozzi

Questo passo mette in primo piano il problema della dipendenza e del consumo di droga come parte della vita moderna nell’Antropocene. Spesso, le droghe possono essere viste come un modo per scappare dal nostro presente, che proprio in questo momento è caratterizzato da crisi climatiche e tragedie trasmesse quotidianamente dai notiziari. Può essere difficile vivere in questo mondo, quando la maggior parte di ciò che viene riportato dai media sembra negativo, ma Santopietro ricorda al lettore che la fuga non è una soluzione ai problemi presenti; solo una rinnovata connessione con la natura può rimediare il male che abbiamo causato alla terra, ed è questo che Santopietro indica quando inserisce il verso “il mare non può contenere” all’interno del poema. L’immagine delle teste mozzate mostra anche che la violenza non è la risposta alla crisi climatica.

Poi, Santopietro riprende questo tema crudo:

scarnificare le scrofe al macello
sono animali social
seriali, il fatto è serpente.
I racconti dal fronte
il male al mattatoio
la giungla è oggi al mercato sotto casa.

I primi due versi ricordano al lettore che le scrofe, come gli umani, sono animali sociali. Santopietro si chiede quindi perché trattiamo questi animali come se meritassero così poco rispetto. Inoltre, la violenza raffigurata nella parola “macello” si collega alla ferocia presente prima nella stanza nell’uso di “mozzano”. Nella seconda parte di questo passo si paragona la guerra (“il fronte”) ad un macello («abbattoir»), un confronto che è enfatizzato dall’ultima frase in cui la giungla, che è stata teatro di molte guerre, viene avvicinata al mercato in cui gli animali sono macellati. Infine, ancora nella terza strofa, nei versi «Leggo di conclavi/ leggo di uomini/ leggo di bestie/ nello stesso ordine» viene usata ripetutamente la frase «Leggo di» per evocare la nostra condizione di separatezza rispetto agli animali nel mondo moderno. Santopietro si chiede se tra i due ci sia davvero una differenza.

Nella quarta strofa, Santopietro richiama l’attenzione sulla memoria e sull’attualità della pandemia da Covid-19 nei versi «scorie lucenti/ virus latenti». L’immagine del virus latente ci ricorda che l’insorgere di nuove minacce è un rischio costante e il risultato del nostro disprezzo della natura. La pandemia è stata il risultato del modo in cui il nostro mondo agisce, cioè al di fuori di un principio di simbiosi uomo-ambiente, e la mancata adozione di un nuovo comportamento causerà sicuramente l’insorgenza di un altro virus. Inoltre, nel verso precedente viene criticata la produzione quotidiana di rifiuti. Anche se la nostra tecnologia e gli oggetti monouso possono sembrare una miniera di opportunità, alla fine tutto diventerà spazzatura se non troviamo un modo per produrre questi beni in modo più sostenibile.

Poi nella stessa strofa, Santopietro scrive:

automobili elettriche insostenibili
contromano,
controsenso contrariate
inutilmente contemporanee
fatalmente moderne

All’inizio di questo passo, Santopietro critica le auto elettriche, sostenendo che non sono realmente sostenibili considerando che i materiali impiegati per la loro costruzione non sono eco-compatibili. Quello che lei suggerisce è invece uno stile di vita in generale meno consumistico, che potrebbe determinare una riduzione dell’utilizzo dei trasporti individuali, anche se questo va controcorrente rispetto alla nostra tendenza attuale come essere umani.

A chiusura della quarta stanza ci sono probabilmente i versi più incisivi:

scordiamoci il futuro
il presente è rapace
gabbiani sui rifiuti, spazzatura umana

Questi versi sono emblematici della nostra condizione attuale di esseri umani nell’Antropocene. In assenza di un progetto realistico per il nostro futuro, lo stiamo semplicemente ignorando, preferendo ad esso il nostro benessere nel qui ed ora – perlomeno il benessere di coloro che sono abbastanza ricchi per non correre pericoli quando si tratta di disastri climatici. Questo atteggiamento mentale ci ha portato a creare un mondo in cui la natura è oppressa dalla spazzatura e dal comportamento deleterio degli uomini nei confronti dell’ambiente. Sospesi nel momento presente, dimentichiamo che abbiamo bisogno di un futuro per esistere, che dobbiamo impegnarci per il futuro che desideriamo vedere.

Nella quinta stanza, Santopietro critica inoltre l’Antropocene per la violenza e la guerra nei versi «soldati storpi, / soldati bambini», e la nostra produzione di immondizia ne «rifiuti, inceneritori/ il riscaldamento globale». In seguito, l’espressione «La foga del rigurgito» vuole evocare la foga di capire come dobbiamo cambiare le nostre convinzioni, passando da quelle dell’Antropocene a quelle del Simbiocene, che le culture indigene hanno accolto per secoli. Nella pagina successiva, «oppure un nuovo giorno/ un nuovo inizio/ epifania» evoca il mondo per il quale dobbiamo impegnarci entrando nel Simbiocene.

Poi, Santopietro scrive:

causes of effect
things of affect
cause effect
caused effect

Questi versi mostrano come l’autrice giochi con il linguaggio, cosa che emerge in modo ancora più forte nel testo italiano.

le cause d’effetto
le cose di affetto
causa effetto
effetto causato

In italiano, la parola “le cose” (“things” in inglese) è simile alla parola “le cause” (“causes”) del verso precedente, mentre le parole inglesi “causes” e “things” non sono assonanti. Per questo motivo i versi presentano una connessione più evidente nella lingua originale del poema, l’italiano. Questa stanza sottolinea come noi siamo la causa della crisi climatica, e perciò dobbiamo assumerci la responsabilità di trovare una soluzione. Noi abbiamo causato questo effetto, ed è nostro dovere richiamare le conoscenze dei popoli indigeni per imparare a vivere ancora una volta in armonia con la natura.

Santopietro inoltre fa delle considerazioni in merito al ruolo delle donne nel nostro mondo, sottolineando quanto spesso nell’Antropocene la donna sia oggetto di disprezzo. Rivedendo il modo in cui la società considera chiunque non sia cisgender, l’uomo bianco dev’essere parte attiva dei risarcimenti fatti dal Simbiocene. I versi «La donna è candida/ la donna è piccola, quella donna è Lilith» rivelano una visione negativa delle donne all’interno della società attraverso il riferimento alla storia di Lilith in combinazione con l’aggettivo “piccola”. Lilith era la prima moglie di Adamo secondo il folclore ebraico, e si riteneva uguale a lui perché entrambi erano stati creati da Dio. Quando Adamo si oppose alle sue rivendicazioni, Lilith abbandonò il Giardino dell’Eden e si occupò dei propri figli all’interno di una grotta, finché le apparirono tre angeli mandati da Dio per riportarla indietro. Di fronte al suo rifiuto di tornare nel giardino, gli angeli le dissero che avrebbero ucciso i suoi figli per punirla della sua disobbedienza. Si dice che Lilith si vendicò della loro morte prendendo la vita dei bambini appena nati. La sua storia è stata spesso letta come un esempio di emancipazione femminile, ma Santopietro riporta un racconto più ambiguo. Da una parte, Lilith lasciò coraggiosamente il Giardino dell’Eden quando venne offesa da Adamo. Dall’altra parte, venne trasformata dagli artefici del racconto in una donna malvagia, con i tratti di una assassina di bambini. La sua eredità sarebbe consistita nella paura inoculata nella società per tenere le donne al loro posto. Usando l’aggettivo “piccole” per descrivere le donne nella frase precedente, Santopietro allude alla connotazione più negativa di Lilith per mostrare come queste vengano considerate nella società moderna. Inoltre, più avanti nella stessa stanza, Santopietro le descrive in questo modo:

non ha forma
l’informe è debole
etti di inerzia
in offerta parti di ventre
rumore di fondo, sullo sfondo un rumore

Anche se non tutta la società vede le donne in questo modo, insorgono dei problemi quando chi ha il potere le considera ancora come «parti di ventre» o «rumore di fondo», piuttosto che come individui con un ruolo nella società e un valore che va oltre l’essere madri e crescere dei figli. Uno degli obiettivi del Simbiocene è che gli umani vivano come eguali con tutti gli altri esseri umani, perché siamo tutti una parte della natura con la quale dobbiamo avere una relazione simbiotica.

Verso la fine del poema, Santopietro scrive «il mercato è Natale/ è festa sparano spari». In quanto americana, leggo in questi versi un’allusione alla violenza armata nei luoghi pubblici che è una tragica realtà in tutti gli Stati Uniti. È improbabile che Santopietro, da italiana, si riferisca a un evento del genere, ma questo passo mostra piuttosto come la poesia possa essere interpretata in modi diversi in base alle diverse esperienze di vita delle persone in ogni parte del mondo.

Infine, a conclusione del poema, Santopietro scrive:

È questo un vero equilibrio
per non debordare
stare sempre sul pezzo
scrivere e fare
e così affogare nei fogli per sempre

Innanzitutto, il tema dell’acqua e del mare emerge nel verbo “affogare” nell’ultima frase, che lega il resto della poesia. In generale, questo passo rivela l’obiettivo del poema: la promozione della scrittura come uno strumento che ci mantiene in equilibrio. Santopietro considera la poesia come un modo per portare armonia nel mondo e dare inizio ad una relazione migliore con la natura.

Se da un lato ammiro il messaggio di Santopietro, dall’altro ritengo che la soluzione reale sia più complicata che semplicemente scrivere o leggere poesia. Credo che usare il linguaggio in modi differenti, sia in poesia che in prosa, possa aiutarci a cambiare le nostre prospettive sul mondo per trasformarlo in una realtà migliore. L’uso della parola Simbiocene al posto di Antropocene, introdotto da Albrecht, ci propone degli obiettivi per il futuro: un mondo in cui uomo e natura coesistano in simbiosi. Un altro modo in cui il linguaggio può essere usato per connetterci con la natura è l’uso della grammatica dell’animazione, descritta da Robin Wall Kimmerer nel suo libro La meravigliosa trama del tutto e in una presentazione che la stessa ha tenuto al Colby College nel marzo 2023. Questa visione pone la natura allo stesso livello dell’uomo e promuove un pensiero simbiotico operando un cambiamento sui modi con cui ci riferiamo alla natura. Kimmerer– professoressa, conferenziere e membro della Nazione Potawatomi– spiega che in Potawatomi, una lingua Anishinaabe, «le rocce sono animate, così come le montagne e l’acqua e il fuoco e i luoghi. Esseri che sono permeati di spirito, le nostre medicine sacre, i nostri canti, i tamburi, e perfino le favole, tutto è animato» (dalla traduzione italiana La meravigliosa trama del tutto, a cura di Chiara Libero, Mondadori 2022). Questo differisce notevolmente dall’inglese, in cui gli elementi citati sono considerati oggetti inanimati. Secondo Kimmerer, l’utilizzo di un linguaggio che si riferisce alla natura come un essere animato conferisce automaticamente ai parlanti di quella lingua maggiore rispetto per il nostro mondo. Anche se questo non è possibile in inglese per la natura stessa della lingua, ci sono modalità in cui possiamo strutturare il nostro uso del linguaggio per creare una maggiore connessione con la natura. Nella sua presentazione al Colby College, Kimmerer ha proposto di adottare il pronome “who” non solo per riferirsi a una pluralità di esseri umani. Invece di dire «those birds that are over there», Kimmerer propone «those birds who are over there» come alternativa, stabilendo in tal modo una connessione più profonda e una relazione paritaria tra uomo e natura. Kimmerer osserva, «Quando diciamo a un bambino che l’albero non è un lui, ma un esso, l’acero diventa un oggetto; mettiamo una barriera tra noi assolvendoci della responsabilità morale nei suoi confronti aprendo la porta allo sfruttamento» (dalla traduzione italiana La meravigliosa trama del tutto, a cura di Chiara Libero, Mondadori 2022). Questa parte del lavoro di Kimmerer vuole ribaltare tale consuetudine, in modo che gli esseri umani accolgano una relazione più simbiotica con la natura.

In generale, è chiaro che gli uomini devono cambiare prospettiva per rimediare alla dilagante crisi climatica che abbiamo creato fraintendendo il nostro rapporto con la natura. I popoli autoctoni di questa terra hanno conosciuto queste verità per centinaia di anni e noi dobbiamo sforzarci di imparare dal loro esempio, anche se abbiamo causato loro così tanto dolore e sofferenza nel passato. È tempo di abbracciare la terminologia del Simbiocene, di rapportarci con la natura come fossimo un tutt’uno, quando agiamo e quando parliamo, e di recuperare la nostra relazione con essa. Di conseguenza, dobbiamo anche modificare la nostra definizione di “esseri umani”: non più in ottica di consumo e spreco, ma di riguardo per tutti gli esseri umani e di uguaglianza. Il poema di Santopietro Grammatica sterile dell’Antropocene stimola ogni lettore a esaminare la propria relazione con la natura e ad abbracciare la scrittura come uno strumento di riconnessione con l’ambiente. Le idee di Santopietro, insieme al pensiero di Rob Nixon e Robin Wall Kimmerer, forniscono un quadro efficace dei cambiamenti che gli uomini devono attuare e offrono esempi su come iniziare questa avventura.


Bibliografia

Albrecht, Glenn. “Exiting the Anthropocene and Entering the Symbiocene.” Center for Humans and Nature, 2 Feb. 2022, https://humansandnature.org/exiting-the-anthropocene-and-entering-the-symbiocene/.

Kimmerer, Robin Wall. “Learning the Grammar of Animacy” Braiding Sweetgrass, Milkweed Editions, Minneapolis, MN, 2013, pp. 48-59.

Nixon, Rob. Slow Violence and the Environmentalism of the Poor. Harvard University Press, 2013.

Santopietro, Antonia. “Poems by Antonia Santopietro.” Journal of Italian Translation, Edited by Luigi Bonaffini. Translated by Pasquale Verdicchio, XVII, 2022, pp. 126–137.

Who Is Lilith?” Blood, Gender and Power in Christianity and Judaism, Kenyon College, https://www2.kenyon.edu/Depts/Religion/Projects/Reln91/Power/lilith.htm.


Tutti i diritti riservati

in copertina Martin Gerlach’s Decorative Groupings (1897) via Public Domain Review

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Accogliere il simbiocene | riflessione sul linguaggio poetico di Antonia Santopietro

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