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vanni santonidi Antonia Santopietro

Vanni Santoni (1978), dopo l’esordio con Personaggi precari, ha pubblicato, tra gli altri, Gli interessi in comune (Feltrinelli 2008), Se fossi fuoco arderei Firenze (Laterza 2011) Terra ignota e Terra ignota 2 (Mondadori 2013 e 2014), Muro di casse (Laterza 2015). È fondatore del progetto SIC, il cui romanzo collettivo In territorio nemico è uscito per minimum fax nel 2013. Scrive sul Corriere della Sera e su varie riviste; dal 2013 dirige la narrativa di Tunué, affermatasi come una delle maggiori fucine di nuovi talenti degli ultimi anni.

Grazie innanzitutto per aver accettato di fare due chiacchiere su ZEST.
Grazie a voi per l’invito.

Una vita dedita alla letteratura, alla scrittura, alla sperimentazione… i tuoi risultati editoriali sono di grande successo, c’è qualcosa su cui torneresti, a distanza di tempo, per farla diversamente?
Ho scritto le mie prime righe molto tardi, a ventisei anni, e ho cominciato a prendere davvero sul serio quest’attività quando ho pubblicato il primo, a ventinove, quindi forse mi sarebbe piaciuto cominciare a scrivere prima.
Dall’altro lato però ho potuto accumulare esperienze e sviluppare una visione del mondo che con i soli libri probabilmente non avrei avuto, quindi va bene così.  I miei inizi, pure, non sono stati semplicissimi, ho dovuto scrivere tre libri prima di riuscire a pubblicarne uno, e anche quando ci sono riuscito (la prima edizione di Personaggi precari, uscita per RGB nel 2007, NdA) è stato per una casa editrice piccolissima che dopo tre mesi è fallita; la strada per arrivare poi a una major (con Gli interessi in comune che uscì per Feltrinelli nel 2008, NdA) è stata apparentemente breve ma in realtà altrettanto accidentata; ma anche quella fatica è stata utile, mi ha fatto capire subito che la letteratura non contemplava strade facili e che puoi fare davvero lo scrittore solo se sei sempre pronto a rilanciare, e quindi soltanto se in ogni momento nella tua testa pullulano progetti di possibili romanzi, e nel tuo quaderno pure.

Vanni Santoni si sente più editor o più scrittore?
Ho cominciato a fare l’editor solo tre anni fa, e finora la collana Romanzi Tunué ha prodotto otto libri. È naturale che mi senta più scrittore, anche se vivo l’editing come un’attività strettamente connessa a quella di scrittura, anzitutto perché mi permette di coltivare e promuovere una certa idea di letteratura.
Lavorare sui testi altrui, inoltre, è utile anche per la propria scrittura, amplia il punto di vista, ti pone di fronte a problemi narrativi nuovi da risolvere, ti rende un po’ più saggio e permeabile.

I libri sono le gambe di un tavolo su cui appoggiamo la nostra crescita come persone e, in questo caso, come autore, puoi riferirci di quelli che in assoluto hanno rappresentato dei punti di svolta importanti nella tua vita?
Premesso che una lista del genere è sempre sia parziale che frutto dell’umore del momento, che inevitabilmente condiziona cosa ci viene in mente prima, ricordo che da ragazzino mi impressionarono molto Le città invisibili di Italo Calvino, per la perfezione cristallina dell’organizzazione interna, e le varie storie dello Zanardi di Andrea Pazienza, che furono forse la prima volta in cui incontrai una narrazione cruda e vicina alla nostra realtà. L’amore per la letteratura me l’ha insegnato invece la poesia inglese dell‘800, scoperta al liceo, e quella francese, che mi andai a cercare da solo subito dopo. Crescendo, il Borges dell’Aleph e di Finzioni divenne il mio autore di riferimento, così come il Tolstoj di Anna Karenina e Guerra e Pace, il Dostoevskij di Memorie dal sottosuolo, il Flaubert di Madame Bovary… Quando cominciai a scrivere mi incantarono ovviamente Proust con la sua Recherche, che non smetto mai di rileggere, e Joyce con Ulisse, ma anche molti autori a loro successivi che scoprii in quegli anni e che mi travolsero con la loro virulenza, penso al Miller di Tropico del Cancro, al Burroughs di Pasto Nudo, a tutto Artaud, alla poesia di Sylvia Plath, a quella di Paul Celan, di Ingeborg Bachmann, di Andrea Zanzotto… Faulkner, poi, fu decisivo: pensi in modo diverso al romanzo dopo aver letto Mentre morivo e L’urlo e il furore. Lo stesso vale per Virginia Woolf. E Lolita, l’inarrivabile. Ricordo poi che restai completamente basito anche di fronte alla perfezione di romanzi recenti o relativamente recenti come Rayuela, Meridiano di Sangue, Pastorale Americana... ‘‘Allora si può ancora scrivere un capolavoro,’’ mi dicevo, incantato… Fu un bel periodo. Negli anni successivi, per fortuna, ho continuato a innamorarmi, Wallace, Bolaño, Vollmann, Sebald… Da ragazzo ero convinto che il romanzo avesse dato quello che aveva da dare nel Diciannovesimo secolo, e che non ci fosse da aspettarsi granché dai contemporanei. Per fortuna mi sbagliavo.

Quanto tempo dedichi alla scrittura? E qual è il tuo approccio? Scrivi di getto molte pagine e poi ritorni, oppure scrivi poco ma lavorando subito in definizione… ?
Dedico alla lettura e alla scrittura, semplicemente, tutto il mio tempo. Prima ero più cesellatore, rileggevo e rimettevo a posto anche il singolo periodo, oltre che la singola pagina, prima di procedere, ma in questo periodo, forse perché ho più libri aperti in contemporanea, o forse perché ho più esperienza e riesco a tenere più cose in testa, mi trovo meglio a scrivere blocchi anche abbastanza ampi, riempire la cascina e procedere a rimettere tutto a posto successivamente. Ovviamente dipende anche dal genere: quando scrivi un romanzo avventuroso, come è stato per i due Terra ignota, hai la possibilità di stilare uno storyboard e seguirlo, quindi è facile andare a dritto; per un libro letterario multistrato, con più registri linguistici, come è stato Muro di casse, devi necessariamente lavorare di cesello, solo raramente ti può capitare di infilare diecimila battute buone di fila.

Lo scrittore americano Kurt Vonnegut, tra i consigli su come scrivere bene una storia breve, inserì:
Sii sadico. Non importa quanto dolci e innocenti siano i tuoi personaggi principali, fa’ che accadano loro cose tremende così che il lettore possa vedere di che stoffa sono fatti.
Cosa ne pensi?
Mi sembra un consiglio eccellente, anche se io non sono un autore di racconti. Preferisco il romanzo o, al limite, la forma epigrafica. In ogni caso è un buon consiglio anche per i romanzieri.

La tua opinione della editoria indipendente oggi: come sta lavorando? Che quota di mercato sta erodendo ai big players e come si stanno posizionando le scelte dei nuovi attori?
Nell’editoria indipendente italiana ci sono molte case che lavorano bene – alcune lo fanno in effetti da decenni – ma non ci sono le condizioni strutturali perché erodano quote di mercato davvero significative alle major, come sta avvenendo ad esempio in Francia, dove la presenza di grandi librerie indipendenti fa sì che con le loro scelte possano alterare i rapporti di forza nel mercato. Da noi, come è noto, i grandi gruppi editoriali controllano anche la distribuzione e le principali catene di librerie, e questo rende molto difficile, anche per una indipendente che pubblica libri ottimi con continuità, insidiare il primato delle major, che pure a volte appaiono quasi spaventate: trovo abbastanza sorprendente, ad esempio, che tre tra i migliori libri esteri in libreria in questo momento, Abbacinante – L’ala destra di Mircea Cărtărescu, Terminus radioso di Antoine Volodine e Bussola di Mathias Énard, escano rispettivamente per indipendenti piccole o medio-piccole come Voland, 66and2nd e E/O. Intendiamoci, sono felice per queste case editrici, che non a caso hanno saputo costruire negli anni splendidi cataloghi, ma in un contesto editoriale normale romanzi come quelli dovrebbero essere tra le uscite di punta delle major.

Dirigi brillantemente la collana di Narrativa di Tunué, cosa ci aspettiamo prossimamente?
Ci godiamo i successi dell’anno appena trascorso e prepariamo il prossimo. A fine novembre uscirà il nostro nono titolo, Medusa di Luca Bernardi, un giovane, talentuoso e caustico esordiente di Bolzano.

Un successo di grande impatto e, immagino, grandi soddisfazioni quello di Dalle rovine di Luciano Funetta, oltre agli altri, dove pesca lo scouting di Tunuè?
L’exploit di Dalle rovine, e in generale dell’intera collana finora, è stato travolgente. Credo si debba anche alla diversità di ambiti cui ho guardato per trovare i nostri autori. In generale si possono isolare quattro filoni: l’invio diretto di manoscritti da parte degli autori; quello, in crescita, degli invi da agenzie letterarie; il monitoraggio di riviste e blog letterari individuali e collettivi, così come dei premi per esordienti; i consigli di colleghi e altri addetti ai lavori. Gli otto, fra poco nove, titoli che abbiamo pubblicato finora, arrivano da tutte queste direzioni. Vale la pena però dire che non sempre il libro arriva pronto, o anche solo finito. Capita anche che, dopo aver individuato un autore con del potenziale, lo si spinga a scrivere e si costruisca poi insieme il romanzo.

Un progetto che hai proprio in animo di realizzare?
Sto scrivendo tre romanzi, a diversi gradi di sviluppo, quindi il mio orizzonte degli eventi e delle aspettative è necessariamente quello di questi tre libri. Spero, anzitutto, di riuscire a completarli tutti; per i primi due, le cui uscite sono programmate rispettivamente per la primavera e l’autunno del 2017, spero anche di riuscire a rispettare le deadline; per il terzo, che mira a essere la cosa più ambiziosa della mia produzione, spero di avere la forza e le capacità necessarie per essere all’altezza dell’asticella che ho fissato.

Una curiosità: in treno da Mosca a Vladivostok, chi scegli come compagni di viaggio?
Il treno per me è un’esperienza quasi sacra, spostarmi in treno con uno zaino di libri è tra le due-tre cose in assoluto che preferisco fare, quindi non vorrei nessuno tra i piedi.

Vivere sostenibile ed eco-sensibilità individuale: cosa ne pensi della responsabilità verso il pianeta?
Cerco di fare il mio spostandomi, appunto, in treno e in bicicletta e con altri accorgimenti, ma sono consapevole di quanto siano piccole cose rispetto a quanto dovremmo veramente fare.

Le esperienze della vita ci aiutano a determinare una nostra idea di benessere, qual è la tua?
Stare in treno da Mosca a Vladivostok con Alla ricerca del tempo perduto?

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Intervista a Vanni Santoni | ZEST Letteratura Sostenibile

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