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La rivoluzione dell’informazione | Luciano Floridi
Codice edizioni 2012


commento di Paolo Risi

Luciano Floridi pone l’informazione in una scala cronologica costituita da eventi che hanno rivoluzionato e ribaltato concezioni mai messe in discussione in precedenza.

Si tratta di identificare una Quarta Rivoluzione che, dopo quelle copernicana, darwniana e freudiana, dà conto di una realtà dove l’uomo diviene soggetto più o meno consapevole all’interno di un sistema interconnesso, nel quale interagiscono entità inforg predisposte a condividere un ambiente globale (infosfera) assieme a costrutti tecnici e agenti biologici.

La nostra epoca, il nostro muoverci nel mondo, è sempre più immerso nei reticoli e nei vuoti informazionali, si può giungere ad affermare che ne stia diventando parte e fondamento, e che il progresso non possa prescindere dall’efficacia del ciclo di vita dell’informazione. È una rivoluzione che l’autore associa alla figura di Alan Turing, padre riconosciuto dell’informatica, e che ha come carattere distintivo, rispetto alle precedenti, quello di essere una rivoluzione al contempo scientifica e tecnologica.

Sempre riferendosi a Copernico, Darwin e Freud, è impossibile non ricordare quanto il loro pensiero sia stato deflagrante in termini di sovvertimento concettuale e politico. Ce lo rammenta efficacemente Juan Carlos De Martin nella prefazione al volume edito da Codice Edizioni, enumerando verità inconfutabili che non per questo, nel corso dei secoli, sono state accettate e condivise pacificamente: “Non siamo immobili, al centro dell’universo (la rivoluzione copernicana), non siamo innaturalmente separati e diversi dal resto del regno animale (la rivoluzione darwiniana), e siamo molto lontani dall’essere menti isolate interamente trasparenti a se stesse, come Cartesio, ad esempio, aveva ipotizzato (la rivoluzione freudiana).”

Ciò ci fa comprendere come ancora sia lungo il cammino verso una comprensione effettiva dei meccanismi legati all’informazione e all’utilizzo delle ICT (information and communication technology), soprattutto rispetto al substrato culturale e ontologico che dovrebbe guidarne lo sviluppo “sostenibile” e le linee di indirizzo. Scrive Luciano Floridi: “le ICT portano con sé anche rischi significativi e generano dilemmi e profonde questioni relative alla natura della realtà e della sua conoscenza, allo sviluppo di scienze a uso intensivo di informazione (e-scienza), all’organizzazione di una società equa (si pensi al digital divide), alle responsabilità e agli obblighi che abbiamo nei confronti delle generazioni presenti e future, alla nostra comprensione di un mondo globalizzato e all’ampiezza delle nostre potenziali interazioni con l’ambiente.”

Il concetto di infosfera apre a una metafisica informazionale, in cui il mondo, distanziatosi dalle sue sorgenti genuinamente “materiali”, acquisisce essenza e connotati di una realtà in progress, abitata da individui e supporti “interagibili”. Si tratta di una piattaforma globale complessa, che necessita di strumenti di interpretazione e che induce a riassestare teorie e conoscenze in base a parametri, per l’appunto, rivoluzionari. Floridi accetta la sfida, e getta le basi della sua trattazione a partire dalla nozione di dato, dalle sue possibili definizioni e suddivisioni. Ne estrapola il senso, mettendo in risalto (anche attraverso esempi ricavati dal “quotidiano”) la sua natura di concetto e lemma sostanziale.

Il tema dell’informazione viene quindi sviscerato nei capitoli successivi, analizzandone gli aspetti da differenti prospettive disciplinari. Entrano in campo la matematica, con le fondamentali intuizioni di Claude Shannon a partire dalla teoria matematica della comunicazione (tmc), vengono approfonditi gli aspetti semantici legati all’informazione e si dà conto delle interconnessioni, di notevole rilievo, con i fenomeni fisici (“la sfida ambientale” ci ricorda Luciano Floridi “è quella di usare l’informazione in maniera sempre più intelligente al fine di ridurre al livello minimo possibile l’input di energia…”), la biologia, l’economia e il campo dell’etica (“L’etica dell’informazione ritiene che l’essere/informazione abbia un valore intrinseco e dà contenuto a tale posizione, riconoscendo che qualunque ente informazionale ha il diritto di persistere nel proprio status e il diritto di fiorire, ossia di migliorare e arricchire la propria esistenza ed essenza.”)

Il discorso inerente all’etica, coincidente con la necessità, in capo a ogni agente morale, di contribuire alla crescita e al “fiorire” dell’infosfera, si amplia nell’ultima parte dell’opera (Il matrimonio tra physis e techné) proponendo un approccio ambientale alle sfide poste dalle information and communication technology.

Floridi auspica il superamento dell’idea, propria della tradizione epistemologica greca, di una tecnica come anello debole della conoscenza, e identifica una visione – al tempo stesso realistica e stimolante – in cui si compenetrino i ruoli di “organismi informazionali agenti nella natura” e di curatori della natura: “Le ICT possono aiutarci a combattere la distruzione, l’impoverimento, il vandalismo e lo spreco delle risorse naturali o umane, comprese quelle storiche e culturali, in modo tale da rivelarsi un prezioso alleato in ciò che ho definito altrove come ambientalismo sintetico o e-ambientalismo.”

Quest’ultimo approccio fornisce una chiave di lettura (e un sentimento auspicabile) all’intera opera, che rimanda a quanto affermato dall’autore nel primo capitolo a proposito della Quarta Rivoluzione.

L’uomo immerso e parte dell’infosfera non può che convincersi di avere una natura ibrida, tesa a bilanciare physis e techné, e destinata a integrare fra loro una certa dose inevitabile di male e (necessariamente) una maggiore quantità di bene: “Proviamo a raffigurarci il mondo non di domani o del prossimo anno, ma tra un secolo o un millennio: il divorzio tra physis e techné sarebbe totalmente disastroso sia per il nostro benessere sia per quello del nostro habitat. Questa è una lezione che i tecnofili e i fondamentalisti verdi dovrebbero apprendere. Fallire nel negoziare una relazione proficua e simbiotica tra tecnologia e natura non è un’opzione percorribile.”


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leggi l’intervista di ZEST all’autore QUI

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