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Questo articolo è incluso nel n. 60 della rivista di bioregionalismo Lato selvatico. Si ringrazia Giuseppe Moretti per averne concesso a ZEST la pubblicazione. Vi invitiamo a consultare il sito http://www.sentierobioregionale.org/ *

La prospettiva bioregionale e la percezione / esperienza del luogo.

Gente di città
Intervista a Peter Berg (1937-2011), a cura di Derrick Jensen

Peter Stephen Berg (1 ottobre 1937 – 28 luglio 2011) è stato uno scrittore ambientale, meglio conosciuto come sostenitore del concetto di bioregionalismo. All’inizio degli anni ’60, era un membro della San Francisco Mime Troupe e dei Diggers. È il fondatore della Planet Drum Foundation.

Derrick Jensen (nato il 19 dicembre 1960) è un ecofilosofo, scrittore, autore, insegnante e ambientalista americano di tradizione anarco-primitivista. Utne Reader ha nominato Jensen tra i “50 visionari che stanno cambiando il mondo” nel 2008. Jensen vive a Crescent City, in California.

Peter Berg: “Il luogo in cui abiti, ovunque esso sia, è vivo, e tu sei parte della sua vita”.

La prospettiva bioregionale, cui ho lavorato per quasi vent’anni, ravvisa come dato di fatto che le persone non conoscono per niente il luogo in cui vivono. In genere (nella quasi totalità dei casi), quando si chiede ad una persona dove vive, risponde in termini di un numero civico di una strada in una città in una provincia in una regione di una nazione appartenente ad un blocco (un’area) politico-economico(a) del mondo. Se si dovesse rispondere in termini bioregionali o ambientali, si potrebbe dire “Io sono alla confluenza dei fiumi Sacramento e San Juaquin, nella baia di San Francisco, nel nord del Pacific Rim¹, del bacino del Pacifico, della biosfera del pianeta terra, nell’universo”. Pochissimi sanno dove vivono, e ancora meno sono quelli che pensano che sia importante saperlo.

Ma, se non pensiamo che sia importante, ci avvieremo verso la distruzione dei luoghi in cui viviamo. Se distruggi il posto in cui vivi, ti dovrai spostare da qualche altra parte. Ma non c’è rimasto alcun altro posto. A meno che non si percepisca il luogo in cui si vive in termini del suo sistema naturale, non si capirà nulla di alcun posto. È davvero un grosso problema questo? Sì, perché il 75 per cento degli americani vive in città, e la più grande migrazione umana nella storia recente è stata quella dal 1950 in poi, dal vecchio Nordest industriale verso la Sunbelt. Le città dovrebbero distribuire opuscoli che dicono alla gente: “Tu sei ora residente di Tucson, in Arizona, e quello che abbiamo qui sono cactus e mesquite². Non abbiamo prati inglesi qui, e se tenti di averne uno, ci porterai ad esaurire le nostre riserve d’acqua nell’arco dei prossimi cinque anni. quindi non farlo. Ama il tuo Jojoba³”.

Questo processo di scoprire chi siamo in relazione al posto in cui viviamo è probabilmente il tema principale della civiltà contemporanea. Chi sono, dove mi trovo, e cosa devo fare a questo proposito? Sono un membro della specie umana. Vivo nella bioregione Shasta, nel nord della California. E che cosa faccio a questo riguardo? Ho intenzione di tentare di riabitare il luogo in cui vivo, tento di ridivenire un abitante del posto.

Ci sono un sacco di modi per farlo. Attraverso le scienze naturali. Attraverso le storie dei nativi. Attraverso le testimonianze dei primi coloni. Attraverso l’esperienza diretta, che è probabilmente il modo migliore. Cosa succede al solstizio d’estate nella Bioregione Shasta? Che cosa succede quando arrivano le piogge, nel nostro clima mediterraneo fatto di inverni umidi ed estati secche? Cosa succede ai vari titpi di terreno? Quale ruolo giocano i terremoti qui?

Molto di tutto questo è comprensibile per chi vive in campagna, perché gli abitanti rurali tendono ad essere più a contatto con gli elementi e i contesti dei sistemi ambientali. Se qualcuno dice che un posto di chiama “Goose Valley”, è perché è una valle dove ci passano le oche, mentre se si chiede a qualcuno di Los Angeles “Perché questo posto è chiamato Chavez Ravine⁴”? Può darsi che questi non sappia neanche che c’è una gola lì.

D’altro canto, non tutto quello che fanno gli agricoltori è superlativo. Ho visto un sacco di situazioni rurali che non potrebbero esistere senza un super-sfruttamento di fonti di energia. E in passato, la gente di campagna è stata

sostanzialmente legata alle sfruttamento delle risorse, al taglio degli alberi, agli scavi dei terreni, all’estrazione dei minerali, alla caccia dei pesci, e così via.

Ma questo non è più un nostro problema, dal punto di vista bioregionale. il nostro problema è la gente di città. È la maggioranza della popolazione, e se non sono d’accordo con pratiche che siano bioregionalmente coerenti, non saranno mai messe in pratica usanze bioregionalmente coerenti, per questioni politiche (di voto) ed economiche.

Quindi, come facciamo a convincere gli abitanti delle città a conoscere il luogo in cui vivono in termini naturali? È difficile, perché gli abitanti delle città sono molto sconnessi dalle fonti delle necessità fondamentali per la loro vita. Ad esempio, se si chiede ad un cittadino da dove proviene l’acqua, ti dice…

Derrick Jensen: Dal rubinetto.

PB: E dove se ne va l’acqua?

DJ: Giù dallo scarico.

PB: Quando si tira lo sciacquone dove va la roba?

DJ: Va via.

PB: Dove va la spazzatura? Fuori. Il cibo, viene dal negozio. Quindi, il nostro compito è quello di cercare di coinvolgere gli abitanti delle città in attività che li portino ad una maggiore percezione di come essi sono coinvolti nell’interdipendenza a livello della biosfera planetaria. Quello che noi di Planet Drum abbiamo fatto e stiamo facendo, oltre alla pubblicazione di libri e della nostra rivista “Raise the Stakes”, è portare avanti attività, qui nella Baia di San Francisco, sotto il nome di Green City.

Abbiamo capito che la gente di città vuole fare qualcosa per non sentirsi in colpa per il loro rapporto con l’ecologia. Così abbiamo creato una cosiddetta Rete di Volontariato. Le persone interessate possono chiamare noi per informarsi sulle attività dei 240 gruppi della “Baia” che lavorano in settori che vanno dagli habitat selvatici in ambito urbano, al riciclaggio, al trasporto, ad una maggiore autonomia decisionale del quartiere. Quelli che ci chiamano dicono quello che vogliono fare, che si tratti di salvataggio di mammiferi marini, di ripiantare la vegetazione autoctona, di riciclare, di partecipare ad associazioni di trasporto o a dimostrazioni in bicicletta, quali che siano. Il nostro servizio contribuisce a far crescere la coscienza ecologica.

Ma dobbiamo anche far crescere la consapevolezza all’interno dei gruppi stessi, perché potrebbero non sentirsi tutti collegati nel modo in cui pensiamo essi siano. Noi vediamo Green City alla stregua di un grande ombrello – la sostenibilità urbana come un nuovo tipo di coscienza. Le persone che raccolgono porta a porta i rifiuti riciclabili a San Francisco sono assunti dalla società della nettezza urbana, e potrebbero anche pensare di non aver niente a che fare con il ripristino degli habitat selvatici. Noi invece pensiamo di si, e vogliamo renderli consapevoli di questo.

Un’altra cosa che abbiamo fatto è quella di elaborare il Calendario Green City delle attività in corso a San Francisco e nell’area della Baia, attività cui ci si può aggregare direttamente, senza alcuna formalità. Abbiamo creato anche un elenco di giovani per collegare gli studenti delle scuole superiori a quelli delle scuole medie con delle attività.

Questo è tutto, nel campo dell’informazione al pubblico. Il secondo ambito è quello dei seminari/gruppi di lavoro nei quali al mattino trattiamo di bioregionalismo e di un progetto specifico al quale lavoriamo nel pomeriggio dello stesso giorno. Cose del genere: pulire dai rifiuti un torrente, estirpare erbe infestanti, rimuovere l’asfalto e scavare per liberare la sorgente di un ruscello urbano a Berkeley.

Abbiamo estirpato lo “scotch broom”⁵ rimpiazzandolo con erbe autoctone su una terreno di demanio cittadino. E ci stiamo apprestando a costruire fioriere per giardini pensili nel Distretto di Tenderlion, che ha il più alto tasso di disoccupazione e di senza dimora della città.

DJ: Hai usato la parola bioregionale più volte. Puoi dirci qualcosa di più sul bioregionalismo?

PB: Il concetto bioregionale ha tre obiettivi principali. Il primo è quello di ripristinare e mantenere gli eco-sistemi locali. Il secondo è quello di trovare soluzioni sostenibili per soddisfare i bisogni fondamentali dell’uomo – cibo, riparo, energia, acqua, cultura. il terzo è quello di sostenere il processo di ri-abitare, di far diventare le persone nativi del luogo in cui vivono. Questi obiettivi sono molto semplici, e non apparentemente radicali, ma soddisfare i bisogni umani fondamentali in modo sostenibile ha un sacco di implicazioni sociali, politiche ed economiche riguardo alle capacità di condividere e di collaborare, come il rispetto della capacità sostenibile del posto e giudizi di merito, quali: cosa è troppo.

Inoltre, sostenere il processo di ri-abitare non significa solo coltivare da sé qualcuno dei propri alimenti. Significa anche, per esempio, impedire estrazione petrolifera marina lungo la costa, fermare tutto ciò che potrebbe cancellare la possibilità di ri-abitare.

DJ: Ed il ri-abitare sembra essere realizzato, almeno in parte, attraverso la creazione di connessioni delle persone al senso della vita, anche nel bel mezzo di un città.

PB: Essere dissociati dal resto della vita è del tutto estraneo alla nostra specie. Per gli abitanti delle città, però, la natura è un uccello spaventato che vola attraverso la finestra del soggiorno, qualcosa di cui si fa esperienza per caso. Gli abitanti delle città devono cominciare a fare i collegamenti – questa casa è fatta di legno di sequoia della Contea di Sonoma, l’energia elettrica che arriva in questa casa viene da un impianto idroelettrico situato su un affluente del fiume Sacramento, e il gas naturale che usiamo arriva dal Canada. Il nostro cibo è sempre più prodotto in serie, massificato e avvelenato.

Raramente, nella storia della civiltà umana, la sostenibilità delle città è stata considerata un problema. Le città hanno distrutto se stesse e la campagna intorno. Ecco perché troviamo magnifiche rovine nelle giungle – le persone che vivevano lì hanno privato la terra della capacità di sostenerle.

La sostenibilità delle città deve diventare un indicatore importante per capire se stiamo riuscendo o meno a entrare in armonia con la biosfera planetaria. In realtà, credo che la sostenibilità urbana è la questione ambientale degli anni Novanta e del secolo successivo, perché non soltanto nel passato le città, in generale, non sono state sostenibili, ma attualmente nessuna città americana lo è. E si stanno già verificando grandi crolli infrastrutturali urbani.

I governi cittadini devono considerare la sostenibilità ecologica della città come tema centrale della loro azione di governo. E gli abitanti delle città devono guardare all’essere cittadino diversamente da come lo hanno fatto finora. Devono pensare a procurarsi parte del proprio cibo, un po’ dell’energia che consumano, pensare e partecipare al governo di quartiere, e intraprendere modalità di trasporto diverse, mettere in pratica nuovi tipi di attività per guadagnarsi da vivere.

DJ: Puoi essere più preciso in merito alle pratiche sostenibili che le città possono intraprendere?

PB: Nella maggior parte delle città asiatiche gli escrementi umani vengono raccolti ogni giorno e portati in fattorie vicine per essere usati come fertilizzanti nei campi. Questa è una pratica sostenibile.

Un altro esempio è quello di avere, per ogni famiglia, un doppio sistema di adduzione dell’acqua. Uno di acqua potabile per cucinare e fare il bagno, e l’altro per le acque grigie – l’acqua rimasta dopo essersi lavati – per altri scopi, come acqua di scarico degli igienici, per l’irrigazione di prati e giardini, per il lavaggio dell’auto, eccetera. Così potremmo ridurre il consumo di acqua di una famiglia media americana , probabilmente del 75 per cento.

L’acqua grigia è già utilizzata in questo modo, nella maggior parte dei paesi del terzo mondo. La maggior parte dell’acqua, che sia grigia o no, è imbevibile in Messico. Ma lì la gente ha messo in atto pratiche per far fronte a questo problema, come bollire l’acqua prima di usarla o mettere una goccia di iodio nell’acqua da utilizzare per immergervi le verdure durante la notte, invece di avere un impianto enorme in cui si riversano centinaia di chili di cloro e fluoro nell’acqua, evitando così di scaricare nella toilette l’equivalente di acqua pulita. Dovremmo chiederci perché non usiamo l’acqua della nostra doccia per scaricarla nei servizi igienici?

Allo stesso modo per l’elettricità, o una qualsiasi altra energia che venga consumata. Se i governi cittadini decidessero che gli edifici pubblici devono utilizzare energie rinnovabili, non solo i contribuenti, nel tempo, risparmierebbero denaro – non più di tanto, tra il 5 e 10 per cento dell’energia utilizzata – ma le agenzie (aziende municipali) potrebbero fare una dichiarazione eccezionale, proprio come quando i governi stampano sulla carta intestata delle loro agenzie “Siamo un datore di lavoro che rispetta le pari opportunità”.

E la produzione di cibo in città potrebbe essere enormemente aumentata con un paio di semplici provvedimenti. Uno è quello di usare le serre. Un altro è quello di coltivare ad orto ogni spazio all’aperto, quali orti pubblici, orti cooperativi, orti privati, e così via. Questo include anche l’utilizzo di tetti e vasi. In alcune città del terzo mondo non è raro vedere fave pendere ai lati di un tetto o vedere una capra mangiare erba sul terrazzo dei palazzi. Queste capre vengono munte e poi mangiate (sono fonte di cibo, latte e carne), e quelle fave finiscono per essere cotte in umido (e mangiate).

Sono fortemente convinto che non si dovrebbe dare un permesso per la costruzione di un edificio se almeno il 10 per cento del terreno edificabile acquistato per la costruzione non viene destinato alla coltivazione – orti, frutteti, a vigna e altri pergolati di vario genere, quali che siano.

DJ: Due temi collegano tutte queste pratiche. Uno è l’idea di ridurre la produzione dei rifiuti, e l’altro è l’importanza dell’autosufficienza.

PB: Questi sono per me principi di progettazione. E se anche, per esempio, mi sembra interessante il fatto che una porta scorrevole alla giapponese consente di risparmiare spazio rispetto alle porte occidentali a battente e probabilmente con quel sistema si risparmierebbe uno spazio equivalente a cinque o dieci stanze in un condominio, io sono molto più interessato a esaminare quello che il nostro senso illimitato delle risorse ha causato all’umanità.

Ad esempio, noi guidiamo una macchina anche solo per divertirci. Beh, certo, penso che tutti, nel guidare una macchina si siano divertiti, qualche volta. Ma guidare una macchina per il solo divertimento dovrebbe essere considerato alla stregua di fare un giro sulle montagne russe. Dovrebbe essere il genere di cose che si pagano. E non solo al distributore di carburante. Se ti diverti a guidare la macchina, allora si tratta di un qualcosa da parco dei divertimenti. Vai al parco dei divertimenti, paghi due dollari, e guidi una macchina. Ma l’idea che il prezzo dei combustibili fossili debba essere mantenuto sotto i due dollari al gallone in modo che si possa fare un giro in macchina, la domenica, è sciocca. E non è nemmeno divertente più di tanto.

L’escursionismo è divertente, invece, una escursione in campagna sarebbe una rivelazione per la maggior parte degli abitanti delle città. La maggior parte delle persone del centro città non sa che c’è un mondo governato dalla natura. al di fuori del dominio umano. E se lo sapesse, potrebbe trovare più ragioni per vivere. Ho portato dei bambini del centro città fuori, e si rifiutavano di uscire dal sentiero perché erano sicuri che qualcosa di enorme li avrebbe mangiati.

Il che ci riporta alla coscienza, e come cambiarla. Ho una storia da raccontare, su questo. La sostenibilità urbana è particolarmente importante in Messico, perché Città del Messico è la città più inquinata e affollata del pianeta. Un giorno ho chiesto a una delle donne coraggiose che si danno da fare per trasformare Città del Messico in Ciudad Verde (Green City): “Come si fa a far capire a queste persone che guidano questi furgoni Volkswagen senza tubi di scarico, e a tutte queste persone senza fissa dimora che bruciano traversine piene di creosoto per cucinare la cena?”. Lei mi ha risposto: “Per far capire, si mostra loro un uomo e una donna in una cucina a preparare la cena, e si mostra come l’acqua proviene da una cascata, l’energia proviene da una foresta, il cibo viene dalla terra, e come la spazzatura torna ad essere compost. Si fa vedere loro che la cena che fanno viene dalla terra, che è la terra che ha dato loro quella cena”. Gli si dice, “La tua cucina è la terra. tua nonna lo sa. Lei sa che la cucina è il luogo dove si onora la terra”, questa è una percezione meravigliosa.

DJ: Che sembra molto simile a tutto quello che hai detto di star facendo qui.

PB: Ci stiamo provando. Il fatto che siamo tutti collegati è una realtà planetaria. Il fatto che noi non lo sappiamo è una grave forma di menomazione. Siamo in un ospedale, e non stiamo migliorando. Il modo per migliorare è quello di iniziare a scoprire quali sono queste cose e a collegarci di nuovo con esse.

È stata la popolarità della fisica nell’Era industriale che ha rimosso dal pensiero delle persone l’importanza della relazione con i sistemi naturali. Le persone si sono innamorate della fisica per le sue capacità di influire sui sistemi naturali. I fisici hanno detto alla gente: “Non dobbiamo più essere vincolati a ciò che ci dà la natura”. E questo è un inganno, un’illusione, l’illusione dei combustibili fossili, l’illusione dell’Era industriale. E ora stiamo arrivando alla fine di tutto questo. Quando si ha un buco nello strato dell’ozono, è come dire che c’è un buco nel secchio del latte. E per quanto latte si possa mettere nel secchio, esso va comunque ad esaurirsi. Bisogna svegliarsi. Dobbiamo fare qualcosa per quel buco. E il modo di riparare quel buco è quello di ristabilire la nostra coscienza.

DJ: Il ripristino dell’habitat della fauna selvatica nelle città contribuisce a ristabilire la coscienza, permettendo alla gente un accesso diretto al mondo naturale?

PB: La presunzione che la fauna selvatica non faccia parte della città è rappresentativa di tutti gli altri errori cui il vivere in città ha dato origine. Gli esseri umani hanno una sorta di prescrizione da seguire per vivere in un ambiente urbano, ed è quella di distruggere sistematicamente qualsiasi invasione di altre specie o sistemi. Noi dovremmo fare esattamente l’opposto. Ci sono altri sistemi, piante e animali, il posto è vitale. Senza di loro non lo è più. Tanto per cominciare, le piante e gli animali sono indicatori biologici fantastici. Far sì che gli uccelli non muoiano o non vadano via significa mantenere un ambiente in cui si può vivere.

Ma è ancora più di questo. Il cervello umano ha bisogno dell’interazione con altri tipi di specie, serpeggianti, pelose, con molte zampe, in grado di volare, feroci, furtive. Il nostro cervello ha bisogno di questo, non solo metaforicamente, ma come stimolo. Se siamo sempre circondati da pareti cartongesso, ci inaridiamo. Se siamo circondati da altri tipi di creature, cominciamo a nutrire la nostra coscienza.

Pensa a quello che ho detto poco fa circa il fatto che è come se fossimo in un ospedale. Quando i pazienti di un ospedale sono autorizzati a stare al sole o a sedersi sull’erba, i tassi di guarigione salgono enormemente. Chiedilo a qualsiasi medico onesto che lavora in un ospedale e ti dirà: “La cosa migliore che si possa fare è andarsene di corsa fuori di qui”. Le città fanno ammalare le persone, allo stesso modo in cui gli ospedali fanno ammalare le persone.

Quindi il valore dell’habitat naturale urbano è che è la nostra eredità. Non è una questione di concedere posto al mondo naturale, è quello che ci meritiamo ed è una condizione ottimale per noi. È sciocco farne una questione di antropocentrismo o biocentrismo. È una faccenda reciprocamente interattiva. Abbiamo bisogno l’uno dell’altro.

Comunque, ho una mangiatoia per uccelli nel cortile del retro. Ora che è primavera, nessun uccello vi si avvicina. Non ne hanno bisogno ora. A parte questo, io non intendevo salvare gli uccelli lo scorso inverno, stavo solo cercando di aiutarli, perché mi piacciono. Un mio gesto amichevole. Godo del loro rispetto, della loro bellezza, del loro modo di muoversi, delle loro migrazioni quando passano di qui. I Cedar waxwing⁶ sono appena passati da qui. Ora stanno passando i Yellow Breasted finches⁷. È meraviglioso osservare queste moltitudini di uccelli. Si tratta di una democrazia fra specie. Non è un contesto in cui siamo noi a salvarli o sono loro a salvarci.

DJ: Prendiamo ad esempio una persona che vive a New York e non ha a disposizione una organizzazione come Planet Drum. Come potrebbe questa persona darsi da fare riguardo al ri-abitare in luogo in cui vive?

PB: Trova un altro paio di persone come lui o lei. Può sceglierli tra i pescatori, i naturalisti, gli insegnanti, gli artisti. Avvia un gruppo di studio per scoprire che cosa sono gli ecosistemi e per cominciare a capire come si relazionano fra di loro, così pure quali sono le priorità per ripristinare e mantenere quel luogo. E scoprire quali sono le problematiche più urgenti. Ad esempio, nel nord della California, la cosa che ha fortemente galvanizzato il movimento bioregionale è stata la proposta dello Stato, verso la fine degli anni ’70, di trasferire ogni anno un milione di acre-feet⁸ dell’acqua del fiume Sacramento verso il sud della Central Valley e Los Angeles. Abbiamo spinto la gente ad opporsi, a valutare che effetto avrebbe avuto sulla baia di San Francisco. Li abbiamo anche esortati a lasciare lo Sierra Club, se questo non si fosse opposto.

Il novanta per cento delle persone della Bay Area ha votato contro la proposta. È stata la votazione unilaterale più estesa della storia, più che su qualsiasi altra questione riguardante un’area dello Stato. Questo significa che abbiamo davvero toccato le corde della coscienza. Ad un professore di sociologia presso l’Università della California a Davis, abbiamo in seguito chiesto: “Perché la gente ha votato contro la proposta?” Lui ha risposto: “Non vogliono più pagare per sostenere il loro stile di vita”. Questo si che è un commento forte. molto bioregionale.

DJ: E molto incoraggiante.

PB: In seguito siamo partiti in quarta, abbiamo avuto bisogno di questa esperienza per far crescere la nostra auto-fiducia. La gente di tutto il nord della California – la Bioregione Shasta, ora dice: “Questo è il nostro punto di svolta. Vogliamo ripristinare e proteggere gli animali e le piante autoctone e gli ecosistemi nativi di qui”. Si tratta di un nuovo linguaggio di politica di base.

Così, le persone interessate a ri-abitare il loro posto possono trovare un argomento che le entusiasmi, possono scoprire fatti del posto in cui vivono. Possono decidere di non trasferirsi, indipendentemente dai valori degli immobili o della durezza degli inverni. Possono decidere di vivere lì, decidere che effettivamente è un luogo in cui si può vivere, e possono maturare una coscienza diversa, una coscienza di abitanti del posto, e possono rendersi conto del fatto che ci sono diritti che trascendono l’essere abitanti del posto, e possono battersi per ottenere questi diritti.

Nel nord della California, per esempio, io obbligherei la gente a dedicare un fine settimana al mese ad attività di ripristino degli ecosistemi, e questo per sei mesi prima di poter ottenere la patente di guida. Il lavoro di ripristino li qualificherebbe abitanti del posto. Non lo sto suggerendo come una restrizione. Si tratta invece di un baratto. Vuoi guidare su questa roba? Perlomeno hai avuto modo di scoprire cosa significa. Dopo che tutti si saranno lamentati di questo, noteresti un enorme salto del grado di consapevolezza. La gente comincerebbe a dire: “Non voglio che una superstrada passi di lì. Distruggerebbe troppa parte della vegetazione nativa”: cominceranno a capire cosa è, e quanto sia rara.

E dobbiamo cominciare a insegnare il bioregionalsimo nella scuola primaria e secondaria come corso curricolare insieme alla letteratura e alla matematica. “Studi bioregionali 101”⁹. Dobbiamo renderlo obbligatorio. Se hai intenzione di frequentare l’università qui, dovrai prima aver avuto modo di conoscere il posto. I laureati sarebbero entusiasti di impegnarsi a proteggere gli ecosistemi del posto dove vivono, e di relazionarsi con essi.

Anche piccole cose come queste scioccherebbero le persone facendole uscire dal loro coma di abitanti inconsapevoli del luogo in cui vivono. Farebbe capire loro che sono parte del luogo. Che il luogo è la loro eredità.


“City People”, the interview with Peter Berg  by Derrick Jensen,  was first published in Listening to the Land: Conversations about Nature, Culture and Eros,1995. It is © Peter Berg, all rights reserved. It is reprinted by permission of Ocean Berg.

“City People”, l’intervista a Peter Berg di Derrick Jensen, è stata pubblicata per la prima volta in Listening to the Land: Conversations about Nature, Culture and Eros, 1995. © Peter Berg, tutti i diritti riservati. Viene pubblicato con il permesso di Ocean Berg.

*traduzione: Gruppo traduttori Sentiero Bioregionale
*Intervista tratta da: Peter Berg
Alza la posta!, saggi storici sul bioregionalismo, Mimesis Edizioni 2015. Copie disponibili anche attraverso Lato Selvatico
*Artwork a pag.8 , Peter Davey – da:
Reinhabiting Cities and Towns di John Todd e George Tukel


Note:

¹ “Pacific Rim” – letteralmente “Orlo del Pacifico” – è costituito dalle terre intorno al limite nord dell’Oceano Pacifico, e quindi gli Stati di California, Oregon, Washington, British Columbia, Alaska, Siberia orientale, le Isole Hokkaido, Giappone, Cina e isole del pacifico.
² “Mesquite”, vegetazione arbustiva del genere
Prosopis, nativa delle zone aride americane.
³ “Jojoba”, (Simmonds chinensis), un alberello a portamento arbustivo. Dai semi si ricava olio.
⁴ “Chaves Ravine”, Gola Chavez.
⁵ “Cytisus scoparious”, un arbusto infestante alloctono, delle famiglie delle ginestre.
⁶ “Cedar waxwing”, letteralmente “Cedro dalle ali di cera”.
⁷ “Yellow Breasted finches”, Fringuelli “dal petto giallo”.
⁸ “acre-feet”, letteralmente “acro-piedi”. L’acro-feet è una unità di volume comunemente usata negli Stati Uniti, in riferimento alle risorse idriche su larga scala.
⁹ “Studi bioregionale 101”, negli Stati Uniti si usa individuare i corsi di studio con la denominazione e un numero.

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L’esperienza del luogo, intervista a Peter Berg (1937-2011), di Derrick Jensen

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