Supporta il progetto ZEST: associati, Sostienici oppure Abbonati alla Rivistascopri di più

Il mattino interiore di Henry David Thoreau
Traduzione di Francesca Pitotti e curatela di Giuseppe Sofo
Ortica editrice 2018


commento e scelta poesie di Ilaria Grasso*

Henry David Thoreau nasce a Concord (Middlesex, Massachusetts, USA) il giorno 12 luglio 1817; la sua è una famiglia dalle modeste condizioni, nonostante ciò Thoreau ha la possibilità di studiare ad Harvard, dove consegue la laurea nel 1837. Per alcuni anni si dedica all’insegnamento lavorando presso la scuola privata fondata dal fratello John. Dal 1841 e per un paio di anni, lavora saltuariamente nella fabbrica di matite del padre. Poi Thoreau decide di fare della sua vasta cultura un uso strettamente personale. Tra le altre attività vi è anche quella di collaboratore per la rivista The Dial. Nel 1842 muore il fratello John, fatto che gli causa un grande dolore. Per sperimentare una vita semplice ma anche per protesta contro il governo, nel 1845 si stabilisce presso il lago di Walden, in una piccola capanna da lui stesso costruita. Qui Thoreau può dedicarsi a tempo pieno alla scrittura e all’osservazione della natura. Nel 1846 lo scrittore aveva rifiutato di pagare la tassa che il governo imponeva per finanziare la guerra schiavista al Messico, da lui giudicata moralmente ingiusta e contraria ai principi di libertà, dignità e uguaglianza degli Stati Uniti. Per questo fatto verrà posto agli arresti e incarcerato per una notte: viene liberato il giorno seguente quando, tra le sue vibrate proteste, sua zia paga la tassa a suo nome. Dopo qualche anno, è il 1849, Henry David Thoreau scrive il saggio Disobbedienza civile, opera che contiene il suo pensiero in merito agli ideali americani proclamati nel 1776, oltre che alla sua decisa opposizione alla guerra contro il Messico. Disobbedienza civile verrà letta – tra gli altri anche – da TolstojGandhi e Martin Luther King, che trassero ispirazione per i loro principi di lotta nonviolenta. Muore a Concord il 6 maggio 1862.

Henry David Thoreau è stato il padre del trascendentalismo e anticipatore del movimento ecologista. La sua opera Walden ovvero Vita nei boschi è il manifesto della vita all’aria aperta. Thoreau è stato un vero ideologo che, prima di tutto nella vita, e poi nei suoi versi come nel suo pensiero, ha portato avanti le sue idee facendo spesso scelte estreme, dimostrando grande coerenza e concretezza.

Degna di nota la citazione riportata nel film L’attimo fuggente che riassumono il pensiero thorettiano :

«Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto. Non volevo vivere quella che non era una vita, a meno che non fosse assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente, e succhiare tutto il midollo di essa, vivere da gagliardo spartano, tanto da distruggere tutto ciò che non fosse vita, falciare ampio e raso terra e mettere poi la vita in un angolo, ridotta ai suoi termini più semplici».

Le poesie qui di seguito sono tratte da Il mattino interiore, edito da Ortica Editrice, un’opera dalla complessa lettura per chi è oramai abituato al cemento come dimensione quotidiana, ma molto semplice per chi già in autonomia ha indirizzato i suoi sforzi verso un’armonia nel mondo naturale e sul rapporto che l’uomo deve recuperare, resistendo al richiamo delle sirene della “civiltà” (dalla quarta di copertina)

Il volume raccoglie gli scritti che vennero pubblicati sulla rivista The Dial alla quale Thoreau fornì un grande contributo. Troviamo: Una passeggiata d’inverno, Storia naturale del Massachusetts e Secoli bui oltre che ai godibilissimi testi poetici che riporto qui in calce. L’introduzione di Giuseppe Sofo ci fa inquadrare l’opera sotto il profilo filosofico e storico. Vi è anche una piccola sezione dedicata all’edizione del testo che restituisce al lettore tutto quel lavoro che spesso nei libri si considera a margine o che non esista affatto e che invece rappresenta il moto del cesello che ne definisce la forma linguistica e anche una mappa dell’evoluzione del pensiero di chi scrive.

Nel paragrafo dell’introduzione, infatti, veniamo a conoscenza dello scambio che Thoreau ebbe con Emerson (tra le varie era anche editor della rivista) e di quanto questo lavoro stemperò molto l’ampollosità dei testi giovanili. Lo scrittore statunitense, dice Sofo, aveva una cura e una attenzione maniacale ai dettagli del suo lavoro e questo rese la sua scrittura “estremamente dinamica e in continuo divenire”.

In Una Passeggiata d’inverno, Thoreau, lontano dalla sua amatissima terra, ci racconta le sue passeggiate invernali trasferendoci tutta la sua passione per l’inverno, che giudicava la stagione più ricca di vita. Sotto il ghiaccio e la neve, infatti, scopriamo una natura ‘quieta e nascosta, ma non per questo meno dinamica’. In questa narrazione l’autore fa largo uso di paradossi. Uno su tutti “estate artica”, che aiuta il lettore a ribaltare il punto di vista e a considerare ciò che di bello può esserci anche in una stagione così dura e aspra come l’inverno.

La Storia naturale del Massachusetts fu un lavoro commissionato dal governo dello stato americano stesso e doveva essere inizialmente una recensione su flora e fauna in quella parte d’America. In realtà Thoreau, nell’elaborare il testo su quei luoghi si fa prendere la mano e intreccia descrizione scientifica del paesaggio, poesia, narrativa e saggistica. Ciò che viene fuori è un genere che oggi definiremmo ‘ibrido’, un terreno ancora poco battuto in letteratura ma che sotto il profilo della resa letteraria e del potenziale divulgativo delle scienze naturali, ha senz’altro un grosso valore testimoniale, formativo e pedagogico.

Nel saggetto Tempi bui Thoreau ci spiega il suo pensiero riguardo a storia, natura, luce e memoria. Non abbiamo un riferimento storico di questo periodo buio del mondo. Alcuni immaginano sia una riflessione inerente la Greek Dark Ages, detta altrimenti Medioevo ellenico, altri suppongono che lo scritto abbia come focus storico l’Alto Medioevo. Vi riporto qui la chiusura che rappresenta una piccola grande gemma di sapere :

«C’è sempre stata la stessa quantità di luce nel mondo. Le stelle nuove e quelle scomparse, le comete e le eclissi non si ripercuotono sull’illuminazione generale, perché solo i nostri telescopi le apprezzano. Si dice che gli occhi dei più antichi resti fossili indichino che le stesse leggi della luce prevalevano allora come oggi. Le leggi della luce sono sempre le stesse, ma variano i modi e i gradi in cui le percepiamo. Gli dei non parteggiano per alcuna epoca, ma la loro luce risplende costantemente nei cieli, mentre l’occhio di chi osserva si trasforma in pietra. In principio non c’erano che l’occhio e il sole. Gli anni non hanno aggiunto un nuovo raggio all’uno, né alterato la fibra dell’altro».

Ma ora lasciamo la descrizione dell’opera per apprezzare la natura e le sue genuine connessioni con l’essere umano attraverso questi magnifici versi:

A un gallo randagio

Povero uccello! A viver destinato
Lontano, nell’ovest inesplorato
e qui stanotte ad essere cacciato
dal nido a cui sei abituato;
devi riconquistare il vecchio istinto –
quasi estinto dalla cura dell’uomo?
Il cielo ti ha donato il suo bagliore
Allora, per la voglia che hai solo ora?
Perché stai dritto a cantar così tardi?
La Luna di te non ha alcun riguardo;
pensi così di possedere la notte,
o abitare il buio e mostrarti forte?
E ora con sguardo ansioso guardi intorno
mentre l’ombra crudele stende il velo,
per riparar bene dalle rugiade
e da tutto ciò che di notte accade.
Temo la prigionia ti abbia intontito
o la schiavitù ti abbia istupidito.
Ma la memoria, con qualche lacuna
ricorda il Brahmaputra e lo Yamuna.**


L’esitazione del poeta

Vedo il mattino sorger vanamente,
invano studia ad ovest i bagliori
chi guarda ad altri cieli pigramente
aspettando vita da altre direzioni.
Tra le ricchezze esterne, smisurate,
solo io dentro mi sento povero,
gli uccelli han cantato la loro estate,
non ha inizio ancor la mia primavera.
Dovrei ora il vento autunnale aspettare,
costretto a cercare più mite momento,
e nessun nido curioso lasciare
né boschi echeggianti il mio lamento?


Amore libero

Il mio amore dev’esser libero
come dell’aquila le ali,
che su terra e mare si libra
e su luoghi mai uguali.
Il mio occhio non devo offuscare
dentro la tua camera,
il mio cielo non devo lasciare
né la luna ogni sera.
Non esser del cacciator l’insidia
che il mio volo impedisce,
che è posta con tale astuzia
che l’occhio tradisce.
Ma sii tu il favorevole vento
che ora mi sostiene
e che mi gonfia la vela al momento
in cui tu non vieni.
Non posso abbandonare il mio cielo
per tuo appagamento,
volerebbe alto l’amore vero
come il firmamento.
L’aquila non lo potrebbe tollerare
un compagno vinto non vuole
che allenava l’occhio a guardare
al di sotto del sole.


Mormorii da un’arpa eolica

C’è una valle che nessuno ha visto
dove piede d’uomo mai venne posto
perciò vive qui con fatica e lotta,
una vita ch’è ansiosa e corrotta.
Lì viene al mondo qualunque virtù,
che per prima scende in Terra quaggiù
poi ogni azione ritorna il quel luogo
che nel grembo generoso è fuoco.
L’amore è caldo, la gioventù giovane,
su ogni lingua c’è una verità comune,
lì virtù si spinge continuamente
e inala l’aria natia liberamente.
E sempre, se pensi ad ascoltar bene,
puoi udire del vespro le campane,
e passa qui degli onesti il sentiero,
di chi conserva a fondo il cielo.

** Il Brahmaputra e Yamuna, detto anche Jumna, come nella versione originale di Thoreau, sono due fiumi che confluiscono nel Gange.


*Ilaria Grasso è impiegata in un fondo che finanzia formazione, attivista GLBT e transfemminista. Cura la rubrica settimanale ‘Pillole di Poesia’ per la rivista di Carteggi Letterari e collabora con il blog Poetarum Silva recensendo prosa e poesia. Appassionata di letteratura, arte, architettura e musica. 

Share

Il mattino interiore | Henry David Thoreau – un commento e alcune poesie

error: Content is protected !!