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Rubrica:

Orientamento al mercato e modelli di marketing, implicazioni etiche e umanistiche

Rubrica a cura del Prof. Giorgio Gandellini (Founder, CEO & MD, Nestplan International Llc  LinkedIn https://www.linkedin.com/in/giorgiogandellini/), dedicata all’esplorazione dei modelli di marketing con uno sguardo attento alle loro implicazioni etiche e umanistiche.


#4: Persone o segmenti? Etica del targeting e della personalizzazione

Nel marketing, poche parole sono più usate – e abusate – di “target”.

Dove c’è un’offerta, c’è un bersaglio. Dove c’è un bisogno, c’è un segmento da colpire.

Eppure, qualcosa stona. Perché nessuno ama essere preso di mira, nemmeno da chi lo fa con buone intenzioni.

Il cliente è un numero?

Nei sistemi di CRM più evoluti, ogni cliente ha un codice. Viene classificato, attribuito a un cluster, incluso in una campagna, valutato in base a metriche di retention, propensione all’acquisto, valore stimato.

Questo è utile, certo. Ma non dobbiamo dimenticare che dietro quei dati c’è una persona, con emozioni, storie, aspettative, limiti.

L’automazione è un mezzo, non un fine. E il rispetto non può essere “automatizzato”.

Personalizzare sì, manipolare no

Uno dei grandi paradossi del marketing contemporaneo è questo: più conosciamo il cliente, più possiamo personalizzare l’offerta… ma anche più rischiamo di manipolarlo.

  • Conosciamo le sue abitudini → possiamo aiutarlo a scegliere meglio.
  • Conosciamo le sue debolezze → possiamo indurlo a scegliere ciò che non gli serve.

Dove sta il confine?

Dipende dall’intenzione, dalla trasparenza, dalla reciprocità della relazione.

Un’organizzazione davvero orientata al mercato – come descritto nella Prassi UNI-AISM – si interroga non solo su quale valore offrire, ma anche su come costruirlo con rispetto.

Il caso: franchising, giocattoli e complessità culturale

In un progetto condotto tempo fa per un grande gruppo francese del settore dei giocattoli, impegnato nello sviluppo del proprio network in Italia, ci siamo trovati davanti a una sfida tanto entusiasmante quanto delicata: definire le componenti del valore percepito da potenziali affiliati italiani.

Il problema non era solo “tecnico”. Il franchising si rivolgeva a una platea molto eterogenea: piccoli commercianti locali, imprenditori con un solo punto vendita, altri già esperti di format retail.

L’offerta del gruppo, poi, era articolata: logistica, consulenza, software, visual merchandising, formazione, diritti di marchio, prodotti esclusivi…

Come capita spesso di vedere soprattutto nel settore dei servizi, le componenti del valore erano molte, e la loro rilevanza variava enormemente in funzione dell’interlocutore.


Componenti del valore nel franchising di negozi di giocattoli

 

E poi c’era la differenza culturale: ciò che per la casa madre francese era “valore evidente”, per un commerciante italiano del centro-sud poteva essere percepito come un vincolo, o addirittura come una complicazione.

 

Distanze da colmare fra l’offerta della rete italiana ai propri affiliati e quelle ai rispettivi affiliati

della società in Francia e del concorrente medio in Italia

Semplifico l’interpretazione del grafico qui sopra facendovi notare che, con riferimento a gran parte delle componenti del valore precedentemente viste, la rete italiana aveva ancora molto lavoro da fare (“distanze da colmare”) per soddisfare le aspettative della propria clientela.

Riconoscere l’asimmetria

Il rapporto tra impresa e cliente è spesso asimmetrico: l’azienda ha più informazioni, più risorse, più strumenti decisionali.

Per questo, la responsabilità etica dell’impresa è maggiore. Non può semplicemente dire: “il cliente è libero di scegliere”.

La libertà di scelta presuppone una reale possibilità di comprendere, comparare, valutare senza pressione.

Tecnologia al servizio della relazione

L’AI e i big data non sono nemici, anzi. Se usati bene, possono migliorare l’esperienza del cliente, renderla più fluida, meno invasiva, più coerente con i suoi veri bisogni.

Ma servono regole, consapevolezza e una governance chiara.
Etica della personalizzazione significa dare al cliente strumenti per capire e scegliere, non solo per essere “colpiti meglio”.

Dignità prima di conversione

Una strategia davvero sostenibile mette la dignità della persona prima della conversione del lead.
Lo fa:

  • evitando linguaggi ambigui o paternalistici,
  • offrendo reale trasparenza,
  • accettando il fatto che il cliente ha il diritto di non comprare.

Conclusione: clienti sì, ma anche esseri umani, persone

In definitiva, trattare il cliente come persona non è un’utopia romantica, ma una condizione per costruire fiducia duratura.
E in un mondo dove la fiducia è sempre più rara, può diventare una leva di vantaggio competitivo autentico.

E voi?

Quali sono, nel vostro settore, le componenti del valore percepite o percepibili dai clienti?
Come variano in base al tipo di cliente e all’offerta?
E dove finisce la personalizzazione efficace… e inizia l’invasione?

Scrivetemi. Scambiare esperienze su questi temi è già un modo per generare valore: gandellini@nestplaninternational.com

 


Altri della serie:

Il marketing ha un’anima? Perché parlare di etica e umanesimo oggi di G. Gandellini
Dalla razionalità alla responsabilità: riconsiderare modelli e decisioni di marketing di G. Gandellini
Che cos’è davvero il valore per il cliente (e per la società)? di G. Gandellini


Profilo dell’autore: https://www.linkedin.com/in/giorgiogandellini/

Disclaimer: immagini di proprietà dell’autore

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Persone o segmenti? Etica del targeting e della personalizzazione

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