Verde Oregon.
Non si uccidono così anche i polli
di Domenico Cosentino
Strade Bianche 2022
SOLI NERI
Oggi per un’ora e quarantacinque minuti ho osservato 7930 culi di pollo eviscerati passare sulla catena come tanti soli neri che esplodono il loro interno di budella bollenti e indaco, nel cielo della morte anale. La mia anima si distacca lentamente dal corpo e posso vedermi dall’alto e chiedermi: ma che fine ho fatto?
intervista a Domenico Cosentino, a cura di Antonia Santopietro
Prima di iniziare questa intervista, abbiamo scambiato due chiacchiere, ti ho mostrato il nostro articolo su The Jungle, il romanzo saggio di Upton Sinclair del 1905 e tu mi hai detto: “non è cambiato molto da allora”. Puoi dirci meglio?
Ovviamente io non sono un narratore eccezionale come Sinclair, ha scritto pagine inarrivabili. Le mie non sono pagine di denuncia, non ne ho i mezzi. Osservo e scrivo. Agli inizi del ‘900 i macelli come altre industrie andavano meccanizzandosi. Alcune cose però non puoi cambiarle. Gli odori sono sempre quelli, i turni di lavoro anche, non ci si ferma mai. Passi dai 50° ai -4° nell’arco di pochi secondi. Con le conseguenze fisiche che puoi ben pensare. Le pulizie le fanno sempre gli uomini e non le macchine, anche se la tecnologia si è evoluta in questi cento anni, sono cambiati i prodotti chimici, ma c’è sempre bisogno di qualcuno che vada nelle vasche di scottatura a sanificare. La morte, l’uccisione, diventa un evento meccanico, scevro di ogni spiritualità, gli animali potrebbero essere paraurti prodotti alla catena di montaggio che per chi ci lavora dentro poco cambierebbe. Oggetti.
Collegandomi a questa risposta e alle considerazioni dello stesso Sinclair, potremmo riflettere sul fatto che anche la condizione umana è forzata al disagio di questa voragine del consumismo. Descrivi condizioni di lavoro soffocanti e a tratti insostenibili. Anche su questo dovremmo riflettere. Vuoi aggiungere qualcosa?
La situazione dei lavoratori in fabbriche o grandi aziende è nota a tutti. Io l’ho vissuto a Pomigliano D’arco ai tempi dell’Alfa Romeo e della Fiat, nel macello è lo stesso. Come il racconto di Italo Calvino in cui i due amanti si salutano sull’uscio della porta e poi non si vedono più. Ecco questa è la dura realtà. Se fai turni diversi la realtà è questa. fai colazione e ti vedi il giorno dopo. Decidere di fare questa vita è una scelta personale. C’è chi resiste e chi non ce la fa. Io ammetto di non aver resistito. La pandemia mia ha dato la forza di andarmene.
Nei tuoi micro-racconti ricorrono immagini crude, forti, eppure il tono è pacato, sebbene non distaccato. Come sei riuscito a trovare una misura, una soluzione direi lirica per un argomento così crudo?
Ivano Ferrari diceva che o trovi una soluzione, un distacco o impazzisci. I racconti si formavano da soli così tra le pause, stesso nel mattatoio. A volte durante la pausa pranzo. Mentre era in funzione il depuratore e ti arrivava di tutto. Non ho mai pensato a scritti di denuncia, non sono un animalista, scrivo di quello che vivo e viceversa. Come quando sei in auto e vedi il paesaggio dal finestrino che scorre via.
C’è un senso di meraviglia che provo per la potenza della parola. Attraverso le tue descrizioni si può avvertire il caldo soffocante dei luoghi, l’odore nauseante. Perché hai pensato di scrivere di questo?
Un amico scrittore (Davide Morganti) mi ha chiesto la stessa cosa dopo aver letto Verde oregon, anche lui si è meravigliato in modo positivo di questo. Di solito infatti non si legge mai di queste cose, se ovviamente non è un libro che parla di arrampicate o di inferno. In quei luoghi le temperature diventano l’unico tuo pensiero ricorrente. come i tossici con l’eroina. Perché devi difenderti dal caldo per non svenire, e dal freddo per non congelarti. Devi imparare a conviverci. e quindi ti fai consigliare dai veterani, uomini che lavorano lì da quindici anni. il cartone dentro le scarpe. Indossi il doppio di tutto. Vestirti strati quando passi da un ambiente all’altro. Il sudore si congela all’istante.
Cosa maggiormente determina l’assuefazione a questo stato di cose: l’impossibilità di un cambiamento condiviso, l’abitudine a non farci coinvolgere? e perché il sistema consumistico ha schiacciato le nostre coscienze secondo te, eppure non manca il modo di sapere.
Bellissima domanda, ci ho pensato spesso anche io. Sono giunto alla conclusione che a tutti noi fa bene non sapere certe cose. Come non ti chiedi che fine facciano i nostri rifiuti, o come funzionino le fogne. Chi le pulisce, chi ci lavora? fantasmi. Meglio non sapere.
Leggendo i tuoi racconti ho fatto un’altra riflessione, riguardo al nome dei polli da “carne” i broilers, ho cercato su internet la definizione: Il broiler è il pollo comune allevato esclusivamente per produrre carne, broiler è il nome tecnico dei pulcini destinati all’allevamento da carne. Ho dedotto che non solo cambiamo drammaticamente il destino degli animali creando una specie inesistente solo ai fini di sfruttamento, ma diamo anche nomi nuovi in un delirio di onnipotenza, cosa ne pensi?
Esatto. pensa che molte miopatie come appunto il VERDE OREGON che si legge nel titolo non erano conosciute prima degli anni ’70 e cioè quando in America nascevano i primi allevamenti iperintensivi, aumentando le dimensioni del petto dei broilers (la parte che si vende di più e che costa di più) creando appunto una nuova miopatia. o comunque portandola a uno sviluppo tale che è diventata motivo di studio per i veterinari.
In alcuni momenti del tuo lavoro, hai fatto ricorso alla scrittura, hai poi deciso di far leggere le tue considerazioni, in presa diretta. Dici di non essere un’attivista, eppure credo che scrivere sia una forma di attivismo molto efficace, ci hai mai pensato in questa chiave?
No, perché nel mio caso finisce lì. Scrivo, ho scritto per anni di questo, ma lo tenevo per me. Senza nessun altro scopo. Forse era un attivismo egoistico per me. mi aiutava a superare tutto. lo stesso, la stanchezza, la solitudine che si crea e i rapporti personali che svaniscono. Ma è comunque il mio caso. magari per gli altri è diverso.
Domenico Cosentino, laureato in biologia da 13 anni lavora nella GDO nella sicurezza alimentare e negli ultimi sei ha lavorato nei macelli di società multinazionali. Editore indipendente, dall’anno scorso insieme a sua moglie ha aperto una libreria indipendente in Campania. Verde Oregon è la sua ultima raccolta di microracconti uscita per Strade Bianche, ex Stampa Alternativa.