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ARTICO NERO | Matteo Meschiari
Exorma Edizioni 2016

di Paolo Risi |

Matteo Meschiari lavora di mente e di cuore per dar vita ad ARTICO NERO. Da studioso di antropologia e geografia rileva e interpreta il cambiamento, i processi disgreganti, da scrittore vivifica gli aspetti documentali, li infiamma attraverso testimonianze e intrecci di storie individuali. In un bilanciamento incessante di narrazione, poesia, osservazione e memoria della realtà, l’impasto narrativo si articola, prende vita, per offrire una lettura coinvolgente, realmente suggestiva.
È un nuovo modo di raccontare, lo si può definire antropofiction, “io non cerco la verità” si legge nella prefazione “mi interessa l’intensità. Ovviamente provo a dire la verità, ma provo dirla in un modo che è già invenzione.”
Matteo Meschiari mette sotto la lente di ingrandimento terre e popoli dimenticati, marginali rispetto ad una visione eurocentrica, che drammaticamente hanno sopportato, in un arco temporale vastissimo, l’oltraggio di una brama di conquista endemica, capace di ibridarsi. Il Grande Nord che riflette azioni e perversioni del così detto mondo evoluto, che subisce l’attacco riservato al pensiero non conforme, Grande Nord come bacino imbrifero del disequilibrio ambientale, dell’odierno dissesto climatico. Intanto lo scioglimento irreversibile del permafrost riporta alla luce ciò che non siamo più in grado di elaborare: la processione di spettri che popolano le nostre notti interiori.

L’artico è in prima linea negli scenari dell’effetto serra. Si sta scaldando tre-quattro volte più rapidamente del resto del pianeta. Come la carcassa di un mammifero marino in stadio di decomposizione avanzata è pieno di liquidi e gas […] Le terre all’estremo nord sono uno specchio del prossimo futuro. Guardarle significa guardare il mondo tra qualche anno.

La geografia ispira i capitoli di ARTICO NERO. Siberia, Groenlandia, le propaggini del Canada, della Norvegia. I popoli, le etnie in dissolvenza, le contrapposizioni antropologiche, forniscono il sostrato per la rappresentazione di storie esemplari, di soprusi per lungo tempo sottaciuti, come quello ai danni del popolo Sami, capitolo dell’ancestrale prevaricazione dei gruppi dediti all’agricoltura sulle comunità di cacciatori-raccoglitori, o come quelli perpetrati da Stalin e dal governo canadese, che hanno causato rispettivamente lo sradicamento dei Nenet dai loro villaggi in nome della collettivizzazione e la deportazione degli eschimesi Ahiarmiut negli anni ’50 del Novecento.
A calibrare il saccheggio di terre e culture il detonatore alcolico attivato dagli occupanti, arma devastante, utilizzata a tutte le latitudini, in grado di erodere complessi sistemi relazionali, di mandare in frantumi civiltà costruite su fondamenta apparentemente inscalfibili (l’alcol non cambia il cervello, cambia le strutture dell’universo). Fanno la loro parte anche le perturbazioni epocali, il dissolvimento dell’Unione Sovietica, ad esempio, che ha di fatto causato l’abbandono delle regioni più estreme, che ha innescato lo sbandamento di uomini e donne orfani di uno schema di sopravvivenza standardizzato, incapaci di recuperare competenze e famigliarità con il proprio habitat naturale. È la storia tenebrosa di Irina, una lacrima di sangue sul ghiaccio artico della Ciukotka, territorio ai confini con l’Alaska.

Niente lavoro / Niente negozio / Niente / Bisognava mangiare / Bisognava sopravvivere / Gli uomini parlano / Decidono di andare a caccia / I trichechi e le foche / La balena nel mare / I vecchi raccontano come fare / I giovani s’inventano come fare / Tornano a caccia / Operai cacciatori / Mio padre operaio / Mio padre cacciatore / Un tempo lavorava / Un tempo cacciava / Era prima dell’alcol / Non beveva così tanto / Non mi aveva mai toccata / Ero felice io / Ero felice io

ARTICO NERO racconta sette storie in cui la potenza della macchina-Occidente mostra le sue prerogative. Appropriazione per fini economici, di convenienza politica, ma anche il sentimento di chi si ritiene depositario di un sistema di valori universale, funzionale a prescindere. Il rombo incessante della macchina si estende sulle civiltà in dismissione, coprendo i suoni che ci rivelano la prostrazione della natura, la lacerazione di un ecosistema non rigenerabile.
Saperi svaporati nel nulla, sensibilità e applicazioni sciamaniche, interpretazioni della vita mediate da una spiritualità complessa, che ha naturalezza con il “profondo”. Si tratta di alcuni dei materiali riportati in superficie da Matteo Meschiari, spore narrative innestate dentro vicende reali o possibili, che lambiscono un misterioso altrove.

Lunghe settimane al buio. Lunghe settimane di luce. Per secoli. Inverni al chiuso, racconti. Estati all’aperto, cacce. Ogni anno un unico grande giorno. Centinaia di “grandi giorni” uno dopo l’altro. Stessi gesti, stessi sapori, stesse storie. Lega i cani, taglia il tricheco, ravviva il fuoco. Un’ora una vita. La vita un’ora del mondo. Niente tempo. Solo spazio.

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Artico nero | Matteo Meschiari

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