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di Antonia Santopietro

 

Lei è traduttore di letterature dell’America latina, di lingua spagnola e portoghese, come mai hai scelto quest’area linguistica e letteraria?
Ho iniziato la mia attività di traduttore circa trent’anni fa, traducendo dal portoghese. La mia area di studio e di ricerca riguardava soprattutto l’Africa di lingua portoghese. Come professore a contratto, dal 2001 al 2009, ho tenuto corsi di Letterature africane di lingua portoghese alla Facoltà di Lettere della Sapienza di Roma, oltre che corsi di traduzione letteraria dal portoghese all’italiano per gli studenti della laurea magistrale in Traduzione.

Tuttora, uno degli autori che ho avuto la fortuna di continuare a tradurre per Sellerio è Mia Couto, scrittore mozambicano tra i più importanti in lingua portoghese.

All’America latina sono arrivato tramite il Brasile. Negli ultimi anni mi ha incuriosito la produzione letteraria brasiliana, soprattutto quella delle giovani generazioni di autori e da lì, essendo traduttore anche dallo spagnolo, sono passato all’Argentina. In effetti sono soprattutto questi due paesi ad attirare la mia attenzione di “scout” letterario. Sono due gigantesche realtà, molto vicine e che si conoscono anche poco tra loro. Mi interessano sia singolarmente, sia nel loro reciproco rapporto. È suggestivo per esempio come, dal punto di vista linguistico, ci siano degli elementi di contatto, o delle contaminazioni, tra il portoghese brasiliano e il castigliano parlato (e scritto) in Argentina. La produzione letteraria argentina è massiccia e, mediamente, di ottima qualità, grazie soprattutto all’esistenza di un canone letterario consolidato e all’esercizio di una critica anch’essa di robusta tradizione. Altrettanto non si può dire del Brasile, ma anche qui ci sono autori che sempre più vanno costruendo un’opera coerente dal punto di vista formale e con una cifra propria. Penso a Cristovão Tezza, a Michel Laub, a Ronaldo Wrobel o ad Ana Paula Maia, tutti tradotti in italiano.

A quali autori è particolarmente legato?
Autori a cui sono particolarmente legato sono quelli che, in qualche modo, ho “scoperto”, nel senso che sono stato io a proporli alle case editrici che li hanno pubblicati. Tra i lusofoni sicuramente la brasiliana Elvira Vigna1 e il portoghese Valério Romão. La Vigna è maestra nell’analizzare i rapporti di coppia, che tratta con uno sguardo lucidamente ironico e con un linguaggio affilato. Arriva al cuore dei conflitti senza paura di ferire. Romão affronta nei due romanzi che ha pubblicato il problema della mancata “paternità” o meglio “genitorialità”. In “Quello che è successo a Joana”2, il romanzo che ho recentemente tradotto, l’attesa di diventare genitori, a lungo coltivata, viene frustrata da un problema che si presenta al momento del parto, per cui il bambino nasce morto. La lunga incertezza in un’agghiacciante sala travaglio, l’atteggiamento del personale sanitario, la distanza emotiva tra la coppia che vive il dramma e chi le sta intorno senza esserne toccato sono descritti con un’abilità sorprendente in un autore esordiente. Uno di quei libri che purtroppo, non sostenuti da un lancio adeguato, non hanno nemmeno lontanamente la visibilità che meriterebbero.

Che idea si è fatto della produzione letteraria attuale in Italia? perché alcuni ottimi scrittori stranieri approdano nei cataloghi delle piccole e medie case editrici sempre più spesso?
A questo proposito, riagganciandomi anche alla mia attività di “scouting”, posso dire che, nella mia esperienza, la grande editoria non rischia quasi mai su nuove proposte, soprattutto quando queste provengono da aree non anglofone, ossia da tutto il vasto mondo che non comprende Stati Uniti, Gran Bretagna e forse Canada e Australia. Gli autori latinoamericani, per tornare al nostro argomento, sono presi in considerazione quando già sono stati tradotti altrove (soprattutto in Francia e in Germania perché nei paesi anglofoni si traduce pochissimo) oppure quando, in occasione di Fiere internazionali, alcuni autori vengono presentati come “casi letterari” (spesso veri e propri bluff con ottime agenzie di stampa alle spalle). Tocca quindi alle case editrici medie, piccole e piccolissime, cercare in queste aree autori meritevoli di attenzione. Nel caso del Brasile e dell’Argentina c’è anche da dire che un incentivo alla pubblicazione è dato anche dagli aiuti economici forniti da questi due paesi a sostegno della traduzione dei loro scrittori. Nei casi più fortunati, alcuni di questi autori passano poi a editori più grandi e soprattutto con una migliore e più capillare distribuzione nelle librerie. Questo della distribuzione (con costi sproporzionati, impossibili da sostenere per una piccola casa editrice) è uno dei problemi di cui poco si parla, ma che “uccide” molti libri sul nascere. L’altro è quello del marketing del libro, aspetto anche questo trascurato ma fondamentale ancor prima che nel determinare il successo, nell’assicurare un minimo di visibilità a una nuova uscita. Io sono stato e spesso ancora sono traduttore di libri invisibili, libri molto belli che, per i motivi che ho elencato sopra, hanno avuto vita brevissima in libreria e ricevuto scarsissima attenzione dai canali di comunicazione, tradizionali o nuovi che siano.

Quali sono, a suo avviso, gli elementi che concorrono alla buona resa letteraria di un romanzo in lingua straniera?
Tornando al lavoro della traduzione, credo che ogni testo richieda innanzitutto l’impegno “etico” di una fedeltà alla sua intenzione, più che alla sua lettera. Fatta questa premessa, io ho trovato sempre più facili da tradurre i libri scritti bene. Il mio ricordo peggiore riguarda la revisione (e la riscrittura, insieme alla traduttrice dell’opera) di un romanzo di un autore brasiliano sempre in vetta alle classifiche (l’unico brasiliano che può vantare questo primato). Il suo portoghese era raffazzonato, le frasi prive di logica sintattica e a volte di coerenza grammaticale. Un testo buttato giù in fretta, senza nessuna cura, gonfio della certezza che sarebbe comunque stato tradotto in venti lingue.

Le condizioni per una buona resa letteraria, una volta accertate le competenze “sindacali” di un traduttore (quelle che si richiedono di base a un professionista), sono già inscritte nell’opera originaria. È difficile rovinare un buon libro, così come è difficile fare di un testo infame un’opera memorabile. Questo naturalmente non ha niente a che vedere con il successo del libro stesso. All’esempio che ho portato prima (di immeritato favore) potrei contrapporne molti altri. Mi viene in mente un romanzo da poco uscito per la Giuntina di Firenze, scritto da una nota psicanalista brasiliana, Halina Grynberg3. La storia tormentata di una famiglia segnata dall’Olocausto, incarcerata in un groviglio di sentimenti malati e unita dalla stessa atavica lingua, la mameloshn degli affetti e della tradizione. Una gabbia a cui la protagonista cerca di sottrarsi con una scrittura incoerente come l’inconscio, ma poetica, figurata, di grande impatto. Un libro passato assolutamente inosservato nel flusso continuo e pletorico di nuove pubblicazioni.

Qual è la sua idea di sostenibilità? 

  1. che senso ha immettere sul mercato quantitativi spropositati di prodotti-libro che, come i pomodori e le pesche, se in sovrapproduzione, sono in partenza destinati al macero?

  2. seguendo l’esempio di altri paesi europei, sarebbe utile, secondo quanto suggerito anche da STRADE, il sindacato dei traduttori letterari, istituire un fondo nazionale che sostenga la traduzioni verso l’italiano e il lavoro dei traduttori permettendo la diffusione di libri con un peso specifico culturale maggiore. 4

Questo permetterebbe, tra l’altro, alle piccole case editrici che fanno un lavoro di ricerca di testi di qualità, di avere quella visibilità attualmente negata per i costi della distribuzione e per la mancanza di una promozione adeguata.


Vincenzo Barca, di prima formazione medico psichiatra, ha lavorato per trent’anni nei Servizi di Salute Mentale. Laureato in Lingue Straniere, lavora come traduttore editoriale principalmente dal portoghese, ma anche dallo spagnolo e dal francese. Ha tradotto alcuni scrittori noti, ma soprattutto molti bravissimi autori sconosciuti di libri invisibili.

1 Elvira Vigna, Niente da dire, granvía, Narni, 2016

2 Valério Romão, Quello che è successo a Joana, Caravan Edizioni, Roma, 2017

3 Halina Grynberg, Memoria ferita aperta. Mameloshn, Giuntina, Firenze, 2017


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Intervista a Vincenzo Barca, traduttore di libri invisibili

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