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Bestiario invisibile. Guida agli animali delle nostre città |
Marco Granata
Il Saggiatore 2022

commento di Paolo Risi

Marco Granata ci accompagna nel mistero che alberga dietro casa, persino fra le mura domestiche. Vicinanza e abisso legano e separano uomini e animali, condizione ancestrale variamente confutata a partire dalla metà del XIX secolo, quando urbanizzazione e sviluppo tecnologico hanno portato a una sublimazione delle specie animali. Ne sono testimonianza – ci ricorda l’autore – la nascita degli zoo e un certo modo di quietare il selvatico, creando animali da salotto e giocattoli zoomorfi.

Ma fenomeni quali l’urbanizzazione e l’adozione di sistemi di coltivazione intensiva hanno prodotto – in antitesi con la volontà antropocentrica di “ammansire” e “addomesticare” – una sorta di cittadinanza acquisita, composta da soggetti più o meno confidenti, più o meno invisibili. Si tratta di un campionario sorprendente, che Marco Granata si è preso la briga di allestire con amorevolezza e competenza, con il risultato di mostrarci una città nuova, persino uno stile di vita nuovo.

L’impostazione dell’opera si può definire ad aree concentriche. Dal nucleo domestico l’esplorazione della fauna cittadina si sposta dapprima nelle strade e nelle piazze del centro, per poi toccare gli ambienti urbani più naturali, che comprendono i parchi e le periferie. Si tratta di uno schema, un procedere coerente che comprende anche dei riferimenti simbolici e sentimentali. Marco Granata, infatti, costruisce la sua opera su un substrato di riflessioni ed esperienze personali: con schiettezza si descrive in un frangente della propria vita in cui sono presenti aspetti critici, di iniziale spaesamento rispetto a un cambio di residenza che, da un territorio pressoché incontaminato, lo proietta in una grande città. Acquistano un valore iniziatico, quindi, le prime fugaci apparizioni in ambito domestico, di insetti dotati o meno di dispositivi alari, che lo invogliano a mettersi in gioco e a confrontarsi con una realtà nuova.

Dalle blatte e dalle cimici dei letti (solo per citare una coppia di potenziali ospiti delle nostre case) Marco Granata avvia un osservazione sistematica, che sfocia in un dettato discorsivo, mai banale, supportato da illustrazioni baciate, in gran parte, da un tocco vintage. L’osservazione e la specificazione (che mirano, tra le altre cose, a smontare dicerie e luoghi comuni) si realizzano nell’atto propriamente comunicativo del nominare. Sono davvero innumerevoli gli animali citati e omaggiati dall’autore, e lo spirito enciclopedico promana un tipo di conoscenza viva, qualificata e alla portata di tutti.

Granata – in cammino dal suo appartamento alla “giungla” cittadina – compie un ulteriore passo, fondamentale nel caratterizzare l’opera, nel connetterla a un sentimento universale: com’è doveroso trae materiale e argomentazioni da pubblicazioni di carattere scientifico, ma soprattutto si avvale di prestigiosi riferimenti letterari (da Italo Calvino a Tommaso Landolfi, da Primo Levi a Guido Gozzano), voci in grado di armonizzare la trattazione e indirizzarla verso una coerente direttrice di pensiero.

Ciò che ci circonda, essere vivente gradito o fastidioso, contribuisce a equilibrare una complessità. E dove il passo dell’opera si fa più cadenzato si delinea l’ampio tema degli ecosistemi: ogni specie ha una sua funzione nel quadro generale, e la prospettiva dell’estinzione (anche di soggetti ritenuti “minori”) obbliga a comportamenti e a scelte politiche responsabili.

Gli invertebrati non hanno bisogno dell’uomo per sopravvivere, noi abbiamo un disperato bisogno di loro, scrive l’autore riportando un’affermazione del biologo Edward O. Wilson, realtà inconfutabile che disarticola o perlomeno rimette in bolla l’assunto antropocentrico dell’evoluzione. A tale proposito numerose ricerche, negli ultimi anni, hanno provato a quantificare l’incidenza delle prestazioni che gli invertebrati forniscono senza chiedere nulla in cambio (i cosiddetti servizi ecosistemici) sugli standard economici mondiali. Le cifre ipotizzate che riguardano questa collaborazione “a titolo gratuito” sono sorprendenti e richiamano a riflessioni sostanziali: l’ammontare annuo dei servivi ecosistemici, infatti, è pari a poco meno del doppio del pil mondiale, e nello specifico le specie impollinatrici, al vertice di questa “laboriosità” su scale globale, contribuiscono per circa quattro miliardi di dollari nei soli Stati Uniti e probabilmente intorno ai venti miliardi in tutto il mondo.

A dispetto di questi numeri le reti di governance non sembrano andare oltre a una presa di coscienza formale. Eppure è in atto – ci ricorda Granata – la sesta estinzione di massa, fenomeno causato esclusivamente dall’uomo e che potrebbe portare alla sparizione di oltre il 75% delle specie viventi. Dalla nostra cucina alle periferie la soglia del pericolo è già stata oltrepassata: i centri urbani minacciano da sempre la biodiversità, per loro natura coagulano fattori di disequilibrio e mutamento, come la frammentazione degli habitat, l’introduzione di specie aliene, l’inquinamento e il cambiamento climatico, solo per citarne alcuni.

Una sorta di polveriera, verrebbe da pensare, senonché i micromondi cittadini traducono in ordine sparso una conformazione resiliente, in cui trovano ospitalità e prosperano tante specie vegetali e animali, per non parlare dei microrganismi. Conosciamo, per esperienza diretta, fenomeni di inurbamento e di adattamento, meccanismi in divenire che nel volume edito da il Saggiatore vengono analizzati con piglio divulgativo.

A partire dagli anni settanta le volpi hanno iniziato a popolare prima le periferie e poi il centro delle città europee, dove si sono adattate cosi bene che i rapporti con le popolazioni esterne alla città si sono praticamente azzerati. Si tratta probabilmente di un altro caso di evoluzione in corso d’opera, proprio come il merlo: oggi c’è già una divergenza significativa tra le popolazioni di città e le popolazioni di bosco, non solo in termini comportamentali ma addirittura genetici e morfologici, come musi più corti e mascelle più forti, adattamenti a una vita più sedentaria, fondata sul consumo di rifiuti (Marco Granata).

L’autore – biologo, alla sua prima prova letteraria – ci accompagna oltre la soglia di un mondo negato, che conosciamo solo superficialmente e che fatichiamo a considerare parte di una ciclicità organica. Ciononostante la bellezza, la conturbante complessità, scaturiscono liberamente dalla visione di specie dislocate negli habitat urbani. Sono i nostri occhi, il più delle volte, a rendere inaccessibile la preziosità della natura, del paesaggio inteso come essenza e sviluppo culturale. Marco Granata con Bestiario invisibile rende giustizia all’universalità, ci esorta a compiere esercizi di contemplazione, svela ciò che siamo e il reticolo entro cui pratichiamo – più o meno consapevolmente – il nostro essere terrestri.

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Bestiario invisibile. Guida agli animali delle nostre città

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