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Rubrica Sezione Aurea
(il punto di contatto tra estetica e matematica)

di Giovanni Nuti


Una premessa.
Riguardo alla poesia, che considero un mondo molto misterioso, ho più domande che certezze e spero mi perdonerete se vi proporrò ipotesi del tutto selvagge.

Vorrei iniziare citando Paul Dirac.
Paul Dirac è stato uno dei più importanti fisici teorici del 900.
Alla fine del 1927 trovò un’equazione che spiegava il comportamento dell’elettrone anche in condizioni estreme, prossime alla velocità della luce, e prevedeva l’esistenza di una nuova particella, il positrone, dando inizio alla ricerca dell’antimateria.
Fu una scoperta straordinaria, non solo perché risolveva un difficile problema di fisica, ma anche perché l’equazione era – ed è – bellissima.
Dirac era convinto che le formulazioni matematiche vere fossero anche belle e addirittura che la bellezza di un’equazione fosse un serio indizio del suo contenuto di verità.
Quindi Paul Dirac era un poeta, ma… cadde proprio in tema di poesia.
Affermò: “In fisica tentiamo di spiegare in termini semplici qualcosa di ignoto. Nella poesia è l’esatto opposto.”
Ma qual è l’esatto opposto?
Parafrasando il ragionamento di Dirac, l’opposto sarebbe il seguente: “In poesia tentiamo di nascondere in termini complessi qualcosa di noto.”
Evidentemente Dirac, questa volta, si era sbagliato, perché anche in poesia cerchiamo di spiegare in termini essenziali qualcosa d’ignoto.
Ma – piuttosto – cosa sono questi termini essenziali?
Dove li troviamo?
Sono nostre invenzioni?
Oppure appartengono alla cosa ignota che tentiamo di aprire attraverso la poesia?
Voglio dire, le parole sono invenzioni o scoperte?
E le parole giuste di una poesia sono appropriate solo per noi?
Oppure sono appropriate anche per il mondo che descriviamo?
Appartengono a quel mondo?
Ma quale mondo descriviamo con la poesia?

Qui ci viene in aiuto un amico filosofo.
Karl Popper distingue il Mondo 1 che comprende gli oggetti fisici; il Mondo 2 del pensiero soggettivo; il Mondo 3 delle teorie scientifiche, come l’equazioni di Dirac, o dei numeri primi, che – nota bene – esistono da prima della loro scoperta.
Infine distingue il Mondo 4, che è un Mondo 3 più profondo e immateriale, e che si estende alla bellezza e verità, per esempio delle grandi opere d’arte.

Credo che la Poesia – la grande poesia – appartenga a questo mondo.
Essa si esprime attraverso la dimensione del nostro pensiero soggettivo, con tutta la sua iniziale illusorietà, ma poggia sulla sostanza immateriale del mondo 4.
Ecco perché la grande poesia non appartiene al poeta, ma – come dicevano gli antichi – alla Musa, cioè alla voce intima e misteriosa dell’essere dell’universo.

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Il mondo 4 della poesia (di Giovanni Nuti)

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