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Foto presa dal web

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di Antonia Santopietro

Pina Bausch: quando l’arte si incarna in un corpo, in questo caso di donna, una donna che è musica, danza, poesia in una sola entità, un incontro di movimenti tanto liberi quanto precisi e potenti.

Tra le più importanti e note coreografe mondiali, Pina Bausch ha diretto dal 1973 il Tanztheater Wuppertal, in Germania. Il suo nome è legato al termine teatro-danza, adottato negli anni ’70 da alcuni coreografi tedeschi – tra cui la stessa Bausch – per indicare un preciso progetto artistico che intende differenziarsi dal balletto e dalla danza moderna, che include elementi recitativi, come l’uso del gesto teatrale e della parola, con precise finalità drammaturgiche. (Fonte Wikipedia).

Certe cose si possono dire con le parole, altre con i movimenti, ma ci sono anche dei momenti in cui si rimane senza parole, completamente perduti e disorientati, non si sa più che cosa fare. A questo punto comincia la danza. Pina Bausch

La sua idea di danza era quella di una rappresentazione del danzAttore, capace di mettere in scena attraverso il movimento la sintesi del proprio sentire. La danza come altro canale di comunicazione oltre le parole, oltre i gesti. La sintesi del movimento non viene dalle coreografie prestabilite ma dal flusso emozionale che attraversa gli artisti e che danno vita ad un palcoscenico fluido e vivo, coinvolgente e in continuo divenire. Pina Bausch portava nelle sue creature artistiche la ricerca di un punto di contatto tra fragilità e forza, caos ed armonia, le antitesi emozionali di ognuno di noi che possono non avere mai un equilibrio, perse nella loro precarietà. La fragilità e la forza sono le facce amiche-nemiche di tempi vuoti e a volte di troppe parole o niente parole. I silenzi e il rumore, sono spesso gli estremi di nodi dello stesso sentire, della stessa complessità come della stessa semplicità.

Caffè Muller (1978) è il suo spettacolo più celebre in cui lei balla con i suoi ballerini che sono chiamati direttamente ad esprimere le proprie personali interpretazioni dei sentimenti, su musiche di Henry Purcell. Il regista Wim Wenders ha modo di vederla e ne nasce una lunga amicizia e l’idea di un film, a cui si dà inizio nel 2009. Purtroppo nel 2010 la grande artista viene a mancare ma grazie alla tecnica del 3D Wenders riesce a dar vita all’intenso film-documentario Pina presentato al 61° Festival di Berlino.

http://www.youtube.com/watch?v=pEQGYs3d5Ys

[…] Nel film anche le interviste alle persone che hanno ballato con Pina, uomini e donne, nuove leve e suoi coetanei, provenienti da tutto il mondo. Wenders li riprende in silenzio e associa la voce in over, come a voler estrapolare i loro pensieri, in un movimento circolare che rincorre la loro sete di carpire ciò che la maestra, tanto amata e temuta, pensava di loro o sentiva danzando, dietro un silenzio che difficilmente interrompeva, se non per ammonire: “continuate a cercare”. Lei, che un suo stretto collaboratore ricorda con l’immagine della sua casa, come un grande attico pieno di cose, si nutriva dei gesti e delle anime dei suoi danzatori, restituendo loro un’immagine di rara forza, che cozzava col suo corpo scheletrico e il volto esangue. Wenders stesso sembra essersi cibato di quella forza, averne ingurgitato un boccone che gli è entrato in circolo e ce lo ha restituito più “in vena” che mai. (Fonte MyMovies http://www.mymovies.it/film/2011/pina/ )


Meravigliosa anche la colonna sonora

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Vite d’artista: Pina Bausch: “continuate a cercare”

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